Corriere del Mezzogiorno (Campania)
VERITÀ, LA SCELTA DI MANFREDI
Nel Mezzogiorno, come spesso accade, questo processo politico si è amplificato a tal punto da generare quelli che Isaia Sales, in un editoriale sulle pagine nazionali di Repubblica, ha definito i «satrapi», figure di autocrati regionali (gli esempi principali sono Vincenzo De Luca e Michele Emiliano) che hanno fatto del trasformismo il baluardo del proprio potere, facendo salire a bordo chiunque potesse garantirgli il prosieguo della navigazione. La sinistra, a cominciare dal Pd, ha osservato inerme questo scempio del suo stesso patrimonio genetico (ammesso che ne abbia ancora uno) e per anni si è rifugiata dietro l’alibi della territorialità. Non a caso si ritrova ora ad affrontare gli effetti di questa sciagurata ipocrisia. Altro che campanello d’allarme: le inchieste giudiziarie di Bari e Torino sono la logica conclusione di un degrado ideale e istituzionale iniziato molti anni fa. E appare grottesco adesso puntare il dito contro Il Movimento Cinque Stelle o accusare Giuseppe Conte di tradimento. È la politica, bellezza, e non puoi farci niente. Il Pd di Elly Schlein ha una sola via di scampo: usare il linguaggio della verità, radere al suolo il castello dei verbi coniugati al futuro e scegliere, scegliere, scegliere. Senza i voti dei capibastone, si va incontro alla disfatta? Pazienza: meglio un presente da sconfitti in nome di un domani da vincenti, che il vano e penoso bordeggiare di chi rinuncia all’orizzonte. Ecco perché le parole di Gaetano Manfredi suonano come una melodia che piove all’improvviso dentro quest’insensato rumore. A maggior ragione se si aggiunge la sostanziale difesa, pronunciata ieri, del diritto al dissenso da parte degli studenti che stanno occupando gli Atenei italiani. Certo, il sindaco non è un dilettante e ama la politica più di quanto lasci intravedere. D’accordo, la sua giunta pecca ancora di concretezza nella risoluzione delle piccole cose quotidiane che sono, poi, le grandi faccende della nostra vita quotidiana (i trasporti, la pulizia delle strade, eccetera eccetera). È vero, l’empatia tra i cittadini e i loro amministratori fatica a riscaldarsi in virtù di una comunicazione istituzionale prossima al grado zero. Tuttavia, negli ultimi mesi, è balenata una scintilla che autorizza la speranza. Manfredi ha finalmente smesso i panni del rettore per incamminarsi lungo i sentieri della politica? Ha deciso una volta per tutte di abbandonare la comfort zone dell’Università, con annessi professori, per addentrarsi su una strada densa di trappole ma ricca di fascino? Vedremo. Di sicuro, ha tutte le carte in regola per affrontare questa sfida: relazioni di prim’ordine, lucidità di analisi, raziocinio da ingegnere, capacità d’ascolto e, soprattutto, nulla o quasi da perdere. L’inganno ha il fiato corto, la verità respira anche contro vento: l’importante è non dimenticarsene mai. Poi un giorno, chissà, la sinistra italiana potrebbe volgere lo sguardo al Sud e accorgersi che nel deserto creato dalla sua impudenza sta sbocciando un germoglio. E da qui ricominciare.
Èuna Lega in sempre più evidente avaria di consensi e perciò assai intimorita dal voto europeo quella che pretende dagli alleati di governo l’approvazione definitiva della legge sull’autonomia differenziata prima del 9 giugno. Pretesa, almeno al momento, esaudita, come ben testimonia l’accelerazione dell’iter parlamentare con la calendarizzazione del provvedimento in aula a Montecitorio sin dal prossimo 29 aprile.
Chiaro l’obiettivo di Matteo Salvini: sventolare la bandierina dell’autonomia differenziata nella speranza di evitare l’annunciato (dai sondaggi) sorpasso elettorale da parte di Forza Italia. Sul punto il leader leghista si gioca tutto. Per questo lancia segnali bellicosi ai partner di governo non arrivando ad escludere un clamoroso Papeete-bis nel caso questi
mondo bizzarro e surreale, descritto dal cantautore romano nei suoi brani, nei quali spesso non mancano versi sui malesseri della Generazione Z, come nel singolo «Puoi» cantato in duetto con i Pinguini Tattici Nucleari: «È un po’ il problema della mia età. Si scambia un sogno per la realtà. E quei castelli che uno si fa non stanno bene nelle città». Fulminacci, vero nome Filippo Uttinacci, 26 anni, nel 2019 ha vinto la targa Tenco con l’opera prima «La vita veramente». Fulminacci torna in Campania il 20 luglio a San Leucio a Un’estate a Belvedere.