Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Pistole al posto dei libri
E se poi scomponiamo queste cifre distinguendo donne e uomini, scopriamo che l’occupazione femminile arriva solo al 28 per cento (in Lombardia al 61), mentre l’indice di disoccupazione è al 25: in Lombardia è al 4,8. Sono i numeri di un disastro (e nel 2023 le cose sembrano andate meglio solo d’un filo): perfino nella stessa Campania, che in questa graduatoria è complessivamente la peggiore d’Italia, tutti gli altri capoluoghi riescono a far meglio, e sensibilmente.
Quanto alla violenza, invece, Napoli sembra essere la città più armata del Paese: sempre nel 2022, i carabinieri hanno sequestrato 671 armi illegali, tra le quali più di 200 da fuoco, compresi fucili d’assalto; e secondo uno studio dell’Unione europea, Napoli nel 2021 è risultata essere la città d’Europa con il maggior numero di omicidi commessi con armi da fuoco. Né vi è stato da allora alcun miglioramento: anzi, pare che la camorra, avendone in eccesso, di armi, abbia cominciato a inondare il mercato; e a comprarle sono soprattutto i giovani, che le considerano uno status symbol ,e un immediato ascensore d’ascesa sociale nell’ambiente stravolto che è il solo da loro conosciuto. Insomma le due curve procedono insieme: quella che segna la scarsità di lavoratori, e quella che indica l’abbondanza di armati. Piu la prima segnala lo svanire di una possibilità, più la seconda certifica lo spalancarsi di un’altra, che le corrisponde alla rovescia.
Eppure noi sappiamo bene che Napoli non è solo questo, che non possiamo chiuderla soltanto dentro le due linee di un simile grafico. Negli ultimi anni Napoli è stata anche altro, per fortuna: il risveglio della sua cultura, il boom inaspettato del suo turismo (anche se sarebbe utile sapere quanto denaro proveniente da quest’ultimo finisce nelle mani della camorra, sia attraverso estorsioni, sia attraverso la gestione più o meno diretta di strutture ricettive), le sue professionalità, il mondo della sua ricerca. Perché Napoli è tutta queste cose insieme: scempio e bellezza, devastazione e riscatto, solitudine e solidarietà, integrità e sopraffazione. È questo viluppo di rapporti, di mentalità, di comportamenti, di storie, di interessi: presente in ogni angolo, in ogni strada, in ogni comunità; starei per dire: in ogni persona. Bisognerebbe sapervi guardare, dentro questo groviglio di vita e di morte, fino in fondo, fino all’ultima piega, con freddezza e passione a un tempo: e provarsi a scioglierlo, a distenderlo e portarlo alla luce, nodo per nodo, vicolo per vicolo, grumo per grumo, sfruttando l’occasione di cambiamento che il nostro tempo fluido e in rivoluzione ci sta offrendo – una finestra che non sarà aperta per molto, e che dovremmo cogliere al volo.
Ma chi può farlo? Solo la politica ne sarebbe capace: una politica che sapesse farsi davvero Stato, Governo, Istituzioni; che avesse un progetto, una strategia, un’idea di Napoli e di Paese; una visione di popolo e di cittadinanza. In una parola: che avesse un’anima e un pensiero. E dov’è più una simile politica? Quella che abbiamo, preferisce da molto tempo galleggiare sull’acqua torbida, eppure ancora lucente per qualche tratto, che avvolge gli inestricati intrecci della nostra storia, piuttosto che gettarvisi dentro, e provarsi davvero a ripulirla. Occorrerebbe iniziare almeno con un discorso di verità: questo siamo, questo abbiamo di fronte, questo non vogliamo. Napoli, forse, lo meriterebbe. Finalmente.