Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Di Vasto, «opere e giorni» dei contadini del Pollino
Ma negli stessi anni un giovane poeta e sindaco di Tricarico, quel Rocco Scotellaro di cui la regione Basilicata ha celebrato degnamente poco tempo fa i cent’anni dalla nascita, dava alle stampe le sue vite di Contadini del Sud, Danilo Dolci dalla Sicilia quelle dei Banditi a Partinico, due grandi scrittori toscani, Luciano Bianciardi e Carlo Cassola, quelle dei Minatori di Maremma e Franco Cagnetta quelle dei banditi di Orgosolo, in Sardegna…
Dare voce a chi non ce l’ha, per di più dopo tanti anni di fascismo e dentro le speranze del dopoguerra così spesso trascurate, questa era la loro intenzione, e quei libri hanno lasciato un segno, scoprendo alla parte più colta e attiva del paese qualcosa che ignoravano, pene e avventure dei loro abitanti, spesso picaresche.
In questa lontana schiera, che ha avuto dopo di allora poche aggiunte significative, si colloca oggi un bel libro calabrese edito da una aicc (Associazione italiana di cultura classica di Castrovillari), che chi ha raccolto le storie che lo compongono, Leonardo Di Vasto, ha messo sotto un titolo provocatoriamente dialettale: N’amu visti ‘i quissi!, sottotitolo: Testimonianze di vita e di guerra di contadini e artigiani del Pollino. Sono spesso accompagnate da fotografie degli interessati accuratamente radunate dal curatore, dentro le loro case o sui loro luoghi di lavoro – gente, come si dice, «comune», ma ogni individuo è di per sé unico ed è quindi non-comune, ogni vita ha un colore e una identità diversa dalle altre.
Conosco poco il Pollino, ma conosco Castrovillari e ho avuto e ho amici nell’area cosentina. Salii sull’altopiano tanti anni fa insieme a Lello Mazzacane, valente antropologo e fotografo napoletano, per vedere il grande raduno annuale della Madonna del Pollino, fascinosamente notturno: centinaia di famiglie che si accampano tra gruppi di suonatori tradizionali, e accendono fuochi qua e là, e fanno ahimé grande strage di agnelli e capretti e, la mattina, vanno dopo tutti alla messa… Ho avuto qualche amico di Castrovillari e abbastanza di recente ho molto amato uno strano e fascinoso film di Michelangelo Frammartino che in una
grotta del Pollino fu in gran parte girato: Il buco.
Le storie di vita raccolte da Di Vasto sono raramente eccezionali, nonostante difficoltà e disgrazie, ma è proprio per la loro somiglianza a tante altre storie di tante altre persone di altri luoghi del Sud e ben oltre – ci coinvolgono e commuovono; sono le «opere e giorni» di persone le cui esperienze ci ricordano parenti, amici, conoscenti, e ci ricordano purtroppo anche la violenza dello storia che interviene a sconvolgerle. Di Vasto usa il dialetto con affettuosa cautela, per ricordare un ambiente e un contesto, e sono davvero apprezzabili questo rispetto, questa attenzione, questa civiltà dell’approccio.