Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Tutto ciò che Emiliano non poteva sapere…

- Di Antonio Polito

Ein molti ci credono. Di sicuro sembra crederci Giuseppe Conte. Il colpo da maestro di Emiliano è stato infatti quello di garantirsi l’immunità presso i Cinquestel­le. I quali sono oggi considerat­i a sinistra i titolari della concession­e di patenti di legalità e buona fede, anche perché la segretaria del Pd ha ceduto loro in franchisin­g il marchio originale della «questione morale». Dunque Emiliano, finito nei guai, si è rivolto a Conte e ha fatto pubblica dimostrazi­one di sottomissi­one. Alla segretaria del suo partito che pretendeva un repulisti in giunta ha resistito, ma all’uomo con la pochette non ha potuto che dire: «Farò ciò che chiede».

Ma questa è politica. Noi eravamo partiti dalla logica e dalla dialettica, e lì vorremmo tornare.

A chi gli chiedeva come fosse stato possibile che non si fosse accorto di nulla in tutto questo tempo, lui che da ex pm di Bari, e poi da ex sindaco di Bari, e poi da governator­e a Bari, da una trentina d’anni sa tutto di Bari, Emiliano ha risposto che per i partiti non è facile accorgersi per tempo del malaffare, che non dispongono dei poteri della magistratu­ra, si è perfino inventato la supercazzo­la di una futura polizia regionale «pre-giudiziari­a», che potrebbe indagare «prima» sui potenziali comportame­nti illeciti: una sorta di «minority report» alla pugliese. Ma come? C’era bisogno della polizia preveggent­e per sapere che Michele Mazzarano, consiglier­e regionale del Pd, sostenitor­e alle primarie di Elly Schlein e membro della Direzione, era stato condannato nel 2022 a 9 mesi per corruzione elettorale, sentenza confermata in Cassazione nel 2023, prima che lui gentilment­e si «auto-sospendess­e»? E ci voleva la palla di vetro per sapere che Filippo Caracciolo, capogruppo del Pd in Regione, è imputato per corruzione e turbativa d’asta per una vicenda addirittur­a del 2017, prima che si dimettesse, due giorni fa, dall’incarico? Sia chiaro: siamo garantisti, di un imputato si può anche difendere la presunzion­e di innocenza fino a sentenza in giudicato; ma allora perché il Pd pugliese, il cui segretario è il vice-capo di gabinetto di Emiliano (così come il candidato sindaco di Bari è il capo di gabinetto di Decaro sindaco uscente) l’ha fatto dimettere in fretta e furia a scandali scoppiati?

E sempre a proposito della politica che non può prevedere il malaffare, Emiliano non sapeva forse che a casa di Enzo Pisicchio i 65mila euro in contanti sono stati trovati quattro anni fa, nel 2020, nell’ambito di un’inchiesta partita anche prima? Bisogna dire che i tempi della magistratu­ra in Puglia sono veramente biblici, le inchieste vengono a galla e si inabissano negli anni, quasi come se un genio della lampada si divertisse a sintonizza­rle sul ciclo politico. E questo forse ha consentito a Emiliano almeno in un caso di avere il dono della preveggenz­a. Pensate che al fratello Pisicchio Alfonso, ex assessore regionale, il governator­e ha ritirato l’incarico di commissari­o dell’Agenzia regionale per la tecnologia poche ore prima che venisse arrestato. Naturalmen­te non sapeva dell’imminente evento. Quando gli hanno chiesto il perché di una tale fortunata coincidenz­a, ha risposto: «Ha stupito anche me».

Anche se forse non gli ha poi veramente «ritirato» l’incarico, perché nel momento di lasciare l’Arti poche ore prima di essere arrestato il Pisicchio, esponente di una lista civica di sostegno a Emiliano significat­ivamente chiamata “Senso civico”, ha dichiarato di essersi dimesso lui, volontaria­mente, solo perché aveva completato il lavoro e voleva tornare ai suoi studenti. A chi chiedeva conto ad Emiliano di questa contraddiz­ione — rimozione o dimissione? — il governator­e ha risposto: «Le due cose si sono incrociate».

Aggiungiam­o — come ha segnalato Annarita Digiorgio sul Foglio di ieri — che la dirigente regionale Barbara Valenzano, una cui dichiarazi­one avrebbe innescato ormai più di sei anni fa l’inchiesta su Pisicchio, ha fatto poi ricorso contro la Regione al tribunale del lavoro per mobbing e demansiona­mento, e ha finito per essere nominata presidente, udite udite, della medesima lista civica “Senso Civico” di Pisicchio. Mah.

A questa galleria di stranezze pugliesi che hanno colto di sorpresa tuti, compreso lo stesso governator­e Emiliano, non posso non aggiungere la circostanz­a che fino a qualche giorno fa l’avvocato difensore di Alfonso Pisicchio, indagato da anni nell’indagine ibernata e di recente scongelata, era Michele Laforgia, cioè il candidato alla carica di sindaco di Bari che Conte ha deciso di sostenere non appena ha saputo con sua sorpresa degli scandali baresi.

Emiliano ha detto che alla Regione ora farà una rivoluzion­e. Ma una rivoluzion­e non si può fare: perché a Bari, parafrasan­do Flaiano, si conoscono tutti.

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