Corriere del Mezzogiorno (Campania)
FORNELLI 2.0 La tradizione alla Sanità Alla Locanda del Monacone buone le linguine alla Luciana e le polpette di pesce
Al di là della retorica, il rione Sanità resta uno dei luoghi più affascinanti di Napoli, soprattutto dei più (se non addirittura il più) autentici. E fa dunque piacere scoprire che, al fianco di realtà nelle quali tradizione e contaminazione danno vita a un’offerta di respiro internazionale (avete capito che mi riferisco all’atelier delle pizze Concettina ai Tre Santi) ci siano anche locali in cui è ancora la sola tradizione al centro dell’offerta. Mi riferisco alla Locanda del Monacone, visitata in settimana ad ora di pranzo, previa prenotazione che consiglio di effettuare sempre. L’ambiente è rustico, ma curato. Sui tavoli quadrati, abbastanza ravvicinati, le classiche tovaglie a quadretti bianchi e rossi. Sulle pareti laterali due schermi diffondono video con i luoghi iconici di Napoli. In fondo, le maioliche compongono l’immagine del patrono della Sanità, San Vincenzo Ferreri (‘o Monacone), il cui culto è praticato nella vicina basilica di Santa Maria.
Materie prime di buon livello, elaborazioni semplici e corrette. Mi preme sottolinearlo: il servizio, affidato a personale giovane, è cortese e sollecito. Qualche sforzo in più richiederebbe la carta dei vini, che, in alcuni casi, presenta ricarichi troppo alti e che andrebbe gradualmente ampliata. Veniamo al dunque. Il pranzo inizia nel migliore dei modi con un gattoncino di patate, molto soffice, col prosciutto cotto e il fiordilatte filante: ho particolarmente apprezzato perché non mi sfugge la difficoltà di miniaturizzare (cioè ridurre a porzione) una delle magnificenze della cucina partenopea. Non ci sono le alici imbottite. Ci offrono quelle fritte, che sono giusto un po’ troppo colorate, ma comunque asciutte e croccanti. Ottimi i due primi piatti: la zuppa di scarole e fagioli, ben amalgamata e non semplice somma dei principali ingredienti. Sullo stesso livello pongo senza esitazione le linguine, al dente, alla Luciana (nella foto), cioè con il polpo: ben cotto quest’ultimo, il sugo della giusta consistenza, arricchito da olive e capperi non prevaricanti sul sapore ceduto dal cefalopode. Dai polpi alle polpette il passo è breve. Abbiamo, io e il collega che mi accompagnava, voluto provarle sia nella versione marinara che in quella classica (al ragù). Alla fine abbiamo preferito le prime, di merluzzo, racchiuse in una croccante panatura di mandorle tostate e accompagnate da cipolle agrodolci. Più ordinarie quelle di carne, senza effetto wow. La buona pastiera ha concluso un pranzo apprezzabile.