Corriere del Mezzogiorno (Campania)
ANDREA BALLABIO
Andrea Ballabio lascia la direzione scientifica del Tigem. Ci è arrivato nel ‘94 su proposta di Susanna e l’impegno di Bassolino Nel 2014 apre la sezione di Pozzuoli inaugurata da Napolitano
Sud, si sono alternati altri quattro ministri. Com’è andata?
«Ogni volta, a ogni cambio, bisogna rifare il percorso e mostrare all’interlocutore che cosa si fa per convincerlo a diventare un partner. A volte è facile, altre meno. Ma siamo sempre riusciti a convincere gli attori istituzionali che la causa è nobile».
Mai una delusione, mai un nemico?
«Ci siamo trovati più di fronte a disinteresse. Allora abbiamo dovuto spiegare meglio le nostre ragioni. Non c’è stata nessuna grande delusione e anche chi sembrava nemico poi è diventato alleato».
Qualcuno che sembrava nemico dunque c’è stato…
«Negli Stati Uniti, se lavori bene, se fai cose di qualità, vengono a cercarti per aiutarti. In Italia è diverso».
Torniamo al suo bilancio personale.
«Lascio ma mi porto dentro l’enorme soddisfazione di aver dato possibilità di lavoro e di carriera a un grande numero di ragazzi di talento facendone anche rientrare tanti in Italia. L’Istituto è molto unito, anche perché ha alle spalle una fondazione seria, rigorosa. A suo tempo Susanna Agnelli ci ha offerto una grande possibilità: è stato un vero dolore quando è scomparsa, per questo abbiamo dedicato a lei l’Istituto. In seguito Luca Cordero di Montezemolo si è mosso sulla stessa linea, con Francesca Pasinelli alla direzione generale. Loro sono fondamentali». alla Federico II».
Che consiglio darebbe a uno studente?
«Di crederci, chi vuole fare ricerca deve crederci. Anche se a volte risultati e carriera non arrivano subito. Le persone che valgono, che ci mettono l’anima, trovano sbocco e poi pure stabilità. Conviene anche andare all’estero, magari non subito: preferibile prima insediarsi in una struttura nazionale, cominciare a imparare il mestiere, meglio se si trovano risultati. Dopo si può aspirare ad andare all’estero in posti di buon livello, 3-5 anni per imparare le tecniche di laboratorio, come si scrive un paper, come si prepara una richiesta di finanziamento. In seguito, prima o poi arriva la proposta di rientrare in Italia. In alcuni casi però si ci appassiona e si resta all’estero».
Lei si è pentito di essere tornato?
«No, affatto. Ho avuto grandi soddisfazioni, e qui forse è anche più bello».
"L’impegno da ricercatore Continuerò a lavorare qui con un gruppo fantastico di persone su malattie genetiche, anche rare, che si associano a tumori in diversi organi e tessuti