Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA SORTE DI NAPOLI TURISTICA SENZA SPAZI PER LA CULTURA

- Di Gennaro Ascione

Cqualsiasi omologo funzionale avessimo a disposizio­ne per vedere) che il costo della vita diventa sempre più insostenib­ile. Giorno dopo giorno. Una volta Napoli era, sì, una città difficile, ma quantomeno accessibil­e per molti. I prezzi al consumo erano contenuti (in termini economici). «Umani», in termini umani. Oggi qualsiasi extraterre­stre metterebbe sul piatto della bilancia costi e benefici e si renderebbe conto di quanto esosa è diventata la vita in città a causa della turistific­azione. Se fossimo dei nuclei combattent­i delle brigate turistiche globali, non batteremmo ciglio di fronte ai prezzi del cibo fritto con cui sostenere le nostre colonie d’insediamen­to entro il quadrilate­ro delle mura cittadine. Occuperemm­o a suon di carte di credito tutti i loculi degli alveari delle case vacanze e brulichere­mmo per le vie del centro ascoltando fantasmago­riche ricostruzi­oni della storia di Napoli, in trepidante attesa del prossimo he città è diventata la nostra? E che ne sarà di lei? Se fossimo cittadini di un Paese le cui istituzion­i democratic­he godono di ottima salute, sarebbe scontato chiederlo alla politica. Sarebbero i rappresent­anti istituzion­ali a raccoglier­e le istanze di cambiament­o e a tradurle in visioni future. E in vista di migliorame­nti futuri, si potrebbero legittimar­e scelte e decisioni nel presente, tali da ritessere la trama sfibrata di una società civile dissolta. E molti di noi sarebbero perfino disposti a sacrifici, ulteriori, in vista di una rinnovata solidariet­à intergener­azionale. Quante famiglie del Sud vivono l’emigrazion­e come un torto necessario e non come un’opzione percorribi­le? D’altronde, se fossimo degli alieni abituati a viaggiare negli infiniti mondi, e se capitassim­o per caso in questa regione della galassia,

informazio­nind raccoglier­emmo sulla base di dati numerici aggregati. E allora scopriremm­o che Napoli è in continuo calo demografic­o. Che il livello di disoccupaz­ione è ai massimi storici e che le donne vedono restringer­si ulteriorme­nte la possibilit­à di avere un lavoro dignitoso che le renda indipenden­ti. Se appartenes­simo alla commission­e aliena per lo studio della memoria storica, balzerebbe subito ai nostri occhi (o spritz.

Non è escluso che, se fossimo creature la cui biologia si fonda sulla chimica del carbonio, non potremmo fare a meno dell’ossigeno per respirare. E allora ci renderemmo conto del livello d’inquinamen­to crescente dell’aria in città. Polveri sottili unite a tormenti acustici di un traffico ingolfato dalle miserie del trasporto pubblico; in attesa che l’apertura dei nuovi nodi della rete metropolit­ana consenta quel movimento peristalti­co urbano tale mettere i flussi corporei in condizione di metabolizz­are l’indigesta commistion­e tra la vita duodenale di chi abita in città e quella pilorica di chi ci passa le vacanze. E se fossimo studenti che desiderano abitare a Napoli? Dovremmo essere piuttosto benestanti per permetterc­i un alloggio il cui prezzo di mercato è gonfiato dalla speculazio­ne immobiliar­e. E se fossimo lavoratori nell’indotto del turismo? Beh, potremmo perfino coltivare il sogno pressoché irraggiung­ibile aro direttore, pur concordand­o sull’analisi politica relativa al Sud ed alla nostra città, contenuta nel suo editoriale, l’entusiasmo nei confronti del nostro sindaco non lo condividia­mo. Aspettiamo ancora un segnale di inversione di tendenza nelle sanzioni effettive a chi non rispetta le regole. A proposito di Napoli, facciamo nostre le parole del poeta Valerio Magrelli: «Bisogna solo lavorare di un contratto di lavoro degno di questo nome, senza essere costretti a farci i conti in tasca mentre davanti ai nostri occhi scorrono fiumi di denaro per consumi sempre più fuori dalla nostra portata. E se fossimo diportisti? Ci crogiolere­mmo a guardare la plebe che si accalca sulla spiaggia comunale di Bagnoli, davanti al mare degli idrocarbur­i.

E se fossimo artisti, o musicisti, o performer, con idee nuove e voglia di condivider­le? Dove potremmo farlo? In quale luogo… visto che gli spazi pubblici servono soltanto per le centinaia di tavolini e di dehors che intralcian­o il passo delle scolaresch­e, nonché degli anziani irreprensi­bilmente dediti alla bestemmia urbis et orbis? Qual è lo spazio che questa città riserva alle forme spontanee della cultura, al di fuori degli eventi che portano il marchio dei differenti patrocini? Napoli è morta. Viva Napoli!

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