Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LA SORTE DI NAPOLI TURISTICA SENZA SPAZI PER LA CULTURA
Cqualsiasi omologo funzionale avessimo a disposizione per vedere) che il costo della vita diventa sempre più insostenibile. Giorno dopo giorno. Una volta Napoli era, sì, una città difficile, ma quantomeno accessibile per molti. I prezzi al consumo erano contenuti (in termini economici). «Umani», in termini umani. Oggi qualsiasi extraterrestre metterebbe sul piatto della bilancia costi e benefici e si renderebbe conto di quanto esosa è diventata la vita in città a causa della turistificazione. Se fossimo dei nuclei combattenti delle brigate turistiche globali, non batteremmo ciglio di fronte ai prezzi del cibo fritto con cui sostenere le nostre colonie d’insediamento entro il quadrilatero delle mura cittadine. Occuperemmo a suon di carte di credito tutti i loculi degli alveari delle case vacanze e brulicheremmo per le vie del centro ascoltando fantasmagoriche ricostruzioni della storia di Napoli, in trepidante attesa del prossimo he città è diventata la nostra? E che ne sarà di lei? Se fossimo cittadini di un Paese le cui istituzioni democratiche godono di ottima salute, sarebbe scontato chiederlo alla politica. Sarebbero i rappresentanti istituzionali a raccogliere le istanze di cambiamento e a tradurle in visioni future. E in vista di miglioramenti futuri, si potrebbero legittimare scelte e decisioni nel presente, tali da ritessere la trama sfibrata di una società civile dissolta. E molti di noi sarebbero perfino disposti a sacrifici, ulteriori, in vista di una rinnovata solidarietà intergenerazionale. Quante famiglie del Sud vivono l’emigrazione come un torto necessario e non come un’opzione percorribile? D’altronde, se fossimo degli alieni abituati a viaggiare negli infiniti mondi, e se capitassimo per caso in questa regione della galassia,
informazionind raccoglieremmo sulla base di dati numerici aggregati. E allora scopriremmo che Napoli è in continuo calo demografico. Che il livello di disoccupazione è ai massimi storici e che le donne vedono restringersi ulteriormente la possibilità di avere un lavoro dignitoso che le renda indipendenti. Se appartenessimo alla commissione aliena per lo studio della memoria storica, balzerebbe subito ai nostri occhi (o spritz.
Non è escluso che, se fossimo creature la cui biologia si fonda sulla chimica del carbonio, non potremmo fare a meno dell’ossigeno per respirare. E allora ci renderemmo conto del livello d’inquinamento crescente dell’aria in città. Polveri sottili unite a tormenti acustici di un traffico ingolfato dalle miserie del trasporto pubblico; in attesa che l’apertura dei nuovi nodi della rete metropolitana consenta quel movimento peristaltico urbano tale mettere i flussi corporei in condizione di metabolizzare l’indigesta commistione tra la vita duodenale di chi abita in città e quella pilorica di chi ci passa le vacanze. E se fossimo studenti che desiderano abitare a Napoli? Dovremmo essere piuttosto benestanti per permetterci un alloggio il cui prezzo di mercato è gonfiato dalla speculazione immobiliare. E se fossimo lavoratori nell’indotto del turismo? Beh, potremmo perfino coltivare il sogno pressoché irraggiungibile aro direttore, pur concordando sull’analisi politica relativa al Sud ed alla nostra città, contenuta nel suo editoriale, l’entusiasmo nei confronti del nostro sindaco non lo condividiamo. Aspettiamo ancora un segnale di inversione di tendenza nelle sanzioni effettive a chi non rispetta le regole. A proposito di Napoli, facciamo nostre le parole del poeta Valerio Magrelli: «Bisogna solo lavorare di un contratto di lavoro degno di questo nome, senza essere costretti a farci i conti in tasca mentre davanti ai nostri occhi scorrono fiumi di denaro per consumi sempre più fuori dalla nostra portata. E se fossimo diportisti? Ci crogioleremmo a guardare la plebe che si accalca sulla spiaggia comunale di Bagnoli, davanti al mare degli idrocarburi.
E se fossimo artisti, o musicisti, o performer, con idee nuove e voglia di condividerle? Dove potremmo farlo? In quale luogo… visto che gli spazi pubblici servono soltanto per le centinaia di tavolini e di dehors che intralciano il passo delle scolaresche, nonché degli anziani irreprensibilmente dediti alla bestemmia urbis et orbis? Qual è lo spazio che questa città riserva alle forme spontanee della cultura, al di fuori degli eventi che portano il marchio dei differenti patrocini? Napoli è morta. Viva Napoli!