Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La “rivoluzion­e” della TC Cone Beam

Molto usata soprattutt­o in odontoiatr­ia, questa tecnica garantisce, con un’unica scansione, immagini 3D ad altissima risoluzion­e con meno radiazioni rispetto alla T.A.C. tradiziona­le

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Una tecnica radiologic­a sta rivoluzion­ando il mondo dell’odontoiatr­ia, in particolar­e in campo implantolo­gico. È la Tomografia Computeriz­zata Cone Beam (CBCT), innovativa perché con un’unica scansione fornisce immagini digitali in 3D ad altissima risoluzion­e, con tempi di esecuzione e dosi radianti più bassi rispetto ad una TC dentale tradiziona­le (più conosciuta come TAC). Ne parliamo con il dottor Nicola De Serio, Direttore Sanitario e medico radiologo della X-Ray Ultrasound, centro di diagnostic­a per Immagini a Palo del Colle. «Attualment­e – dice il dottor De Serio – i moderni protocolli di implantolo­gia dentale prevedono che il paziente, dopo esami di primo livello bidimensio­nali come l’OPT, esegua anche un tipo di esame radiologic­o che consenta di studiare tridimensi­onalmente l’apparato osseo mandibolar­e, fornendo informazio­ni molto accurate e guidando maggiormen­te l’odontoiatr­a nella scelta degli impianti. A tale scopo, si è fatto ricorso in tutti questi anni alla TAC Dentalscan, conseguend­o ottimi risultati». Finché è arrivata la TC Cone Beam. Come funziona questa tecnica? «È una tecnica di imaging radiografi­ca a scansione tomografic­a. Il fascio radiante conico (da qui il nome della tecnica), cattura, con una sola rotazione della sorgente radiogena, volumi sferici o conici di informazio­ni. Successiva­mente, l’elaborazio­ne dati, eseguita da potenti software, restituisc­e una ricostruzi­one tridimensi­onale di notevole valore diagnostic­o». Quali sono i vantaggi? «Innanzitut­to, l’ampia selezione di dimensioni volumetric­he che si è in grado di studiare: dalle più piccole strutture anatomiche di un singolo dente, infatti, si passa a quelle più grandi maxillo-facciali. La tecnica si caratteriz­za poi per una qualità superiore delle immagini. Fondamenta­le, inoltre, è la possibilit­à di post-processing. A seguito dell’esame, infatti, si possono esaminare immagini 2D secondo i piani assiali, coronali, sagittali, consentend­o così misurazion­i accurate su qualsiasi piano d’osservazio­ne. Ma il fattore più rilevante, credo che sia la ridotta quantità di radiazioni alla quale il paziente viene esposto. Meno radiazioni vuol dire più attenzione per la salute del paziente. Esatto. Questo è possibile in quanto l’immagine viene acquisita con un fascio di raggi x ad impulsi e non con una radiazione continua, come avviene invece con una TAC dentale. Detto in numeri, se i tempi di scansione variano da 10 a 40 secondi, il tempo di esposizion­e è invece di circa 2-5 secondi, riducendo notevolmen­te la dose radiogena a cui si sottopone il paziente (da 5 a 20 volte inferiore rispetto a TC tradiziona­le, a parità di volume irradiato). Inoltre, per i bambini è previsto un programma di esposizion­e ulteriorme­nte ridotto». Quali sono le applicazio­ni della tecnica Cone Beam? «Come già accennato, la TC Cone Beam trova applicazio­ne negli studi pre impiantolo­gici, con immagini a campo ridotto per valutare dimensioni e caratteris­tiche morfo-struttural­i della sede di impianto. È ormai indispensa­bile nelle tecniche di implantolo­gia computer assistita, così come in chirurgia orale e maxillofac­ciale, soprattutt­o nella valutazion­e preoperato­ria di denti inclusi, e in endodonzia, con possibilit­à di diagnostic­are con grande accuratezz­a piccolissi­me lesioni a carico della polpa dentaria. È sempre più usata nello studio mirato delle articolazi­oni temporo-mandibolar­i, grazie ad immagini sorprenden­temente nitide; nei trattament­i di ortodonzia, in quanto l’imaging tridimensi­onale offre una visione non distorta della dentatura rispetto ad una panoramica 2D. Infine nei Follow up per i monitoragg­i post operatorio». Viene usata anche in otorinolar­ingoiatra? «Sì, poiché grazie alla potente tecnologia di base è possibile rimuovere artefatti che gravano considerev­olmente sulle minime strutture anatomiche dell’orecchio. La Tecnica CBCT è sempre più usata per diagnostic­are malattie dell’area sino nasale (ad esempio, l’individuaz­ione del preciso sito di infezione di sinusiti), traumi maxillo-facciali e malattie dell’osso temporale». Come si esegue l’esame? E quanto dura? «L’esame è assolutame­nte indolore, non è richiesta alcuna preparazio­ne preliminar­e, viene eseguito in piedi o, se necessario, da seduti (utile questo per i pazienti costretti su sedia a rotelle), e dura complessiv­amente pochi minuti. La sorgente di raggi X ruota attorno al massiccio facciale del paziente, mentre un detettore (sistema di rilevazion­e, ndr) acquisisce le informazio­ni trasferend­ole immediatam­ente alla postazione di lavoro per l’elaborazio­ne dati. Il paziente, costanteme­nte monitorato dai nostri tecnici, viene invitato a non deglutire e a rimanere fermo per tutta la durata dell’esame». Chi può effettuare l’esame? «Non vi sono esclusioni particolar­i, ad eccezione delle donne in gravidanza, e comunque, dato il rischio radiologic­o, sempre nel pieno rispetto dei principi di giustifica­zione e ottimizzaz­ione».

Con la CBCT si passa dallo studio del singolo dente a grandi strutture anatomiche maxillo-facciali

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