Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Gli omicidi, gli stupri e le domande senza senso
Ho visto il filmato della trasmissione Chi l’ha visto, in cui l’inviata a casa dei genitori del presunto assassino di Noemi annuncia loro in diretta che la ragazza è morta e che il loro figlio ha confessato. Poi ho letto una delibera dell’Agcom del 2008 che dice che «la cronaca deve sempre rispettare i principi di tutela della dignità umana, evitando di trasformare il dolore privato in uno spettacolo pubblico e rifuggendo gli aspetti di spettacolarizzazione». Poi ho pensato a quanti plotoni di giornalisti ho visto puntare sulle facce smarrite di parenti di una vittima, telecamere, fari e microfoni, per riprenderne, illuminarne, amplificarne il dolore. Poi ho pensato a quante volte, da quei microfoni, ho sentito venir fuori quella terrificante domanda: «Cosa prova in questo momento?». Poi ho pensato alle scrupolose, perverse ricostruzioni degli stupri e delle sevizie, ospitate in pompa magna nelle prime pagine dei giornali, nelle prime serate delle tv, nelle home page dei siti di informazione. Poi ho pensato alle smorfie contrite, alle pose compassionevoli, ai toni della voce finto empatici dei conduttori e delle conduttrici degli interminabili confessionali televisivi dei talk del pomeriggio. Poi ho pensato agli autori, ai direttori di rete, ai responsabili del marketing, che all’uscita dei dati dell’Auditel analizzano secondo per secondo le curve di share, rafforzandosi ogni giorno di più nella loro tronfia convinzione che tra lacrime versate, punti di share e (dunque) pubblicità da vendere, ci sia una diretta proporzionalità. E ho pensato che è tanto tempo che va così: quella delibera dell’Agcom, con il suo ingenuo slancio verso la tutela della dignità e il rispetto del dolore, viene violentata e massacrata quotidianamente. Al punto che, se fossi un giornalista, chiederei al suo estensore: «Cosa prova in questo momento?».