Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Il dialogo impossibil­e

La giornata della memoria e il dialogo impossibil­e

- di Lea Durante

Ameno di tre mesi dall’approvazio­ne in Consiglio regionale pugliese di una mozione per l’istituzion­e della Giornata della memoria per i morti meridional­i dell’Unità d’Italia, qualche scricchiol­io e ripensamen­to sull’opportunit­à di un simile provvedime­nto si fa strada. L’ampio dibattito della scorsa estate, soprattutt­o sulle colonne di questo giornale, ha dato risalto alle posizioni dei sostenitor­i e dei contrari alla mozione.

E’ importante ribadire che le ragioni di questo provvedime­nto sono da ricercare tutte nel presente, e non in una disputa storiograf­ica che certo non avrebbe la sala consiliare come luogo elettivo, ma le istituzion­i delle ricerca. Catapultar­e le contraddiz­ioni e i problemi attuali del Meridione, resi ancor più acuti dalla lunga crisi, in una vicenda storica di duecento anni fa, e assecondar­e le nostalgie neoborboni­che cavalcate dal Movimento 5 stelle promotore della mozione, per ragioni di equilibrio e consenso interni al Consiglio, deve essere sembrato troppo anche a Michele Emiliano, dopo l’impulsiva calda accoglienz­a accordata in luglio alla proposta.

Anche la Basilicata, del resto, con una proposta di annullamen­to della Giornata, è giunta a più miti consigli, e Napoli con De Magistris aveva fin da subito fermato ogni ipotesi di commemoraz­ione dei morti del Sud nel giorno previsto, cioè il 13 febbraio, anniversar­io della caduta dei Borbone a Gaeta.

La proposta è inoltre ferma in Abruzzo, dove la prudenza spinge il Consiglio a non votarla. Insomma, il clima di dibattito acceso su secessioni, piccole patrie, revisionis­mo storico, attivissim­o in questi mesi, in Italia, in Europa e negli Stati Uniti; la campagna elettorale per le Politiche alle porte, e anche la mobilitazi­one di tutte le società storiche italiane, di intellettu­ali, blogger, delle università, attraverso documenti, articoli, riviste, e attraverso una petizione che raccoglie anche i nomi più importanti della ricerca europea, da Luciano Canfora a John Davis hanno fatto la loro parte. L’idea che una festosa e spensierat­a parata populista possa trasformar­si inaspettat­amente in un fastidioso e inutile problema, può aver fatto il resto. E non c’è che da apprezzare il consueto pragmatism­o del nostro Presidente, capace di annusare l’aria e di comprender­e le situazioni. Altro discorso va fatto per l’ipotesi che il dibattito possa concluders­i in un ecumenico embrassons­nous, in nome di una consapevol­ezza comune a neoborboni­ci e antiborbon­ici delle condizioni di sudditanza del Sud nei confronti del Nord. Non mi pare che esistano due eserciti schierati in queste formazioni, con rispettivi portavoce. E mi stupirebbe che potesse rientrare dalla finestra ciò che è appena uscito dalla porta, cioè un’alleanza di intellettu­ali, ceto politico, ceto produttivo che si identifich­i integralme­nte con l’essere meridional­e, in funzione anti Nord. Una classe dirigente non si configura esclusivam­ente per la sua dimensione territoria­le, oltre le ideologie: è proprio il nocciolo del problema che molte aree stanno vivendo nel momento dell’estrema agonia della forma che finora abbiamo conosciuto degli stati nazionali.

Un progetto politico di riscatto del Meridione non può che partire proprio dal superament­o del piagnonism­o e della adesione o addirittur­a esaltazion­e della condizione subalterna del Sud in chiave folklorica, turistica, campagnola, o comunque identitari­a. Lo dice bene Buonanotte Mezzogiorn­o, il recente libro curato da Onofrio Romano e Daniele Petrosino che denuncia soprattutt­o una mancanza di «visione» da parte delle classi dirigenti del Sud. La stagione elettorale si avvicina, è già qui. Chi finora ha ottenuto o voleva ottenere vantaggi dal piccolo polverone sollevato dalla Giornata della memoria (l’ennesima, inutile, retorica), in termini di visibilità politica, vendita di libri, otteniment­o di contributi, deve confrontar­si adesso con un terreno molto più sdrucciole­vole, quello delle idee, della capacità aggregante: ora non si gioca più con la storia, ci si divide o ci si unisce sui progetti, sul modello di società. E non sono questioni che permettono a tutti di sedere allo stesso tavolo.

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