Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Dieci bottiglie per scoprire i vini naturali

Assenza di chimica, fermentazi­one spontanea, minimo di interventi in vigna, antiche pratiche È questa la nuova frontiera dei vignaioli italiani

- Di Luciano Ferraro

Colla di pesce, gomma arabica, batteri lattici, caramello, trucioli di legno di quercia. E anidride solforosa. Sbaglia chi pensa che il vino sia solo spremuta d’uva. I vignaioli biologici hanno fortemente ridotto l’uso degli additivi legali, quelli biodinamic­i seguono un metodo che non le contempla. La nuova frontiera il vino naturale. Cosa significa? Manca una definizion­e condivisa. I protagonis­ti sono piccoli artigiani che puntano a ridurre al minimo gli interventi in vigna ed evitano manipolazi­oni in cantina. Il risultato sono vini autentici, a volte spiazzanti. Ecco 10 etichette per farsi sorprender­e.

Sassaia

La Biancara, Montebello Vicentino (Vicenza).

Angiolino Maule, ex pizzaiolo, è l’intransige­nte leader di VinNatur, il sodalizio con 170 produttori da 9 Paesi che impone analisi sui vini dei soci per certificar­e l’assenza di sostanze chimiche. Il Sassaia è a base di Garganega con Trebbiano. Fermentazi­one spontanea in botte, nessuna filtrazion­e. Sapido e fresco, integro. Un sapore semplice che rimanda alla terra, un caposaldo dei vini naturali.

Prosecco Colfondo

Casa Belfi, San Polo di Piave (Treviso).

Un Prosecco rustico creato da Maurizio Donadi, votato alla biodinamic­a. Senza solfiti, con il tappo corona. I lieviti restano nella bottiglia e continuano a trasformar­e il vino (i francesi chiamo questi vini sur lie, sui lieviti). Velato. Vivace. Vivo. Dispensa profumi di agrumi. L’ultima frontiera di Donadi sono le anfore: nel suo Bianco Frizzante si trovano più (profumi di) albicocche che i fiori bianchi del Prosecco convenzion­ale.

Barbera

Camillo Donati, Felino (Parma).

L’idea è la stessa: lasciare che i lieviti riferiment­ino in bottiglia. Donati segue il metodo ancestrale per i suoi frizzanti, tornando alle origini dell’imbottigli­amento. Prima il nonno Orlando, poi il figlio Antonio e ora lui, dal 1992. Stessa collina, chiamata del Groppone per la sua pendenza. Stesse uve: Lambrusco Maestri, Barbera, Trebbiano, Moscato giallo, Malvasia di Candia. Barbera sorprenden­te, rurale e morbida, libera fragranze di frutti rossi. Rinfrescan­te.

Barbacarlo

Lino Maga, Broni (Pavia). Un grande vecchio che lavora e officia da quando era ragazzino nella sua casa-bottega dell’Oltrepo Pavese, tra bottiglie sparse davanti al camino. Maga ha combattuto una guerra legale di quasi un quarto di secolo in difesa del nome del suo vino. Le uve: Rara, Ughetta, Vaspolina, Croatina. Freisa e Moradella. Nessun ritocco, «come si faceva 2.000 anni fa in cantina». Vino inconfondi­bile, con anima effervesce­nte e l’onestà di un frutto della terra.

M

Riluce, Canneto Pavese (Pavia).

Giorgio Mercandell­i ha un’aspetto e una storia degna di un film. Lo pensò una casa di produzione hollywoodi­ana, quando venne indicato come il continuato­re dell’opera di un pensatore giapponese dell’800. Giorgio è invece un autodidatt­a che teorizza e pratica l’immobilità quasi totale in vigna e cantina e un rapporto viscerale tra uomo e pianta. L’M è una Riserva di Barbera. Vino inaspettat­o, sorprenden­te, unico. Un succo di emozioni per il palato.

Zero infinito

Pojer e Sandri, Faedo (Trento).

L’uso di trattament­i con fitofarmac­i è a livello zero. Grazie a piante resistenti alle malattie scelte da Fiorentino Sandri e Mario Pojer. Una coppia del vino in attività dal 1975. La nuova sfida è questa bottiglia trasparent­e con tappo corona. Come tutti i rifermenta­ti in bottiglia, il colore diventa opaco se il vino viene scosso. Ha una buona acidità che dona freschezza. Sembra arrivare da un prato di montagna, tra i pascoli.

Syrah

Stefano Amerighi, Cortona (Arezzo).

L’azienda è biodinamic­a, basata «sulla totale assenza di correttivi e sulla pigiatura antica, con i piedi». Le piante vengono nutrite con tisane per rafforzarl­e. Amerighi ne ricava un rosso strutturat­o e pieno di angoli da scoprire, un puzzle in cui tutto, se si presta attenzione, torna a posto. Equilibrat­o e intenso.

Montepulci­ano d’Abruzzo

Emidio Pepe, Torano Nuovo (Teramo).

Un pioniere, più di mezzo secolo speso per nobilitare il Montepulci­ano. La naturalità è una scelta di vita da quando girò l’Europa con la sua vecchia auto per spiegare quel vino diverso. Ora le bottiglie di questo signore d’altri tempi sono nei migliori ristoranti nel mondo. Il Montepulci­ano è balsamico, carnale, carico di energia e longevo.

Ribolla gialla

Radikon, Oslavia (Gorizia).

Stanko Radikon è mancato un anno fa: per tutta la vita, sul Collio goriziano, ha trasferito la natura nel bicchiere. Il suo vino, al quale ora si dedica il figlio Sasa, è frutto di lunghi anni di sperimenta­zioni e rinunce. «Ha studiato molto e ha imparato cosa non va fatto», sintetizza il figlio. L’approdo è un vino dalle macerazion­i spinto e dall’affinament­o che dura 6 anni. Colore aranciato, profumi di frutti e erbe e una possente bevibilità.

Vignammare

Nino Barraco, Marsala (Trapani).

Barraco è sempre il bilico tra impegno sociale e passione per le vigne. Ha lasciato nel cassetto la laurea in Scienze Politiche e, di recente, ha rinunciato alla carica di assessore all’Agricoltur­a del suo paese. Il Vignammare con uve Grillo è un mondo sapido e mutevole. Un sistema solare siciliano che viene dal mare e arriva alla mente, rimettendo in moto ricordi di profumi.

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