Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Napoli come New York Il mare ci salverà così
Due comunità, un unico grande approccio multidisciplinare per riqualificare l’habitat La svolta nella Grande Mela con la Waterfront Vision Strategy, i progetti in Campania
Ecco due comunità di mare, molto lontane tra loro, ma con una storia parallela che si sviluppa in due fasi distinte: prima c’è il rifiuto e poi la riscoperta del rispettivo patrimonio naturale. Cominciamo tornando indietro di qualche decennio, quando, sull’altra sponda dell’oceano Atlantico, crescevano incombenti le torri di acciaio e cristallo a pochi metri dalle onde. Nel frattempo, per non essere da meno, da queste parti si innalzavano lungo la costa casermoni di cemento armato, muri e cavalcavia. A New York la “religione” del lavoro e del profitto spesso precludeva la percezione dell’ambiente che pulsava tutt’intorno. A Napoli, i problemi di un agglomerato urbano ripiegato sulle sue eterne inefficienze facevano quasi smarrire l’antica vocazione marinara. Le due città così diverse voltavano le spalle all’azzurro nello stesso modo.
Poi negli ultimi anni la svolta, avviata nella Grande Mela con la Waterfront Vision Strategy, il vasto programma di rigenerazione della linea di costa proiettato al 2020 che il municipio americano sta sviluppando in stretta collaborazione con associazioni ecologiste e privati. Una rinnovata sensibilità ambientale e un modello partecipativo che ha ispirato nel capoluogo partenopeo il progetto Identità marittime per l’interculturalità urbana: il mare e la città habitat della pace, realizzato e finanziato nell’ambito del Forum Universale delle Culture. Con un approccio multidisciplinare, l’iniziativa coinvolge architetti, economisti, storici e addirittura psicologi. Tutti convinti che si debba ricominciare a guardare “dal mare” la città e da lì ripartire per la riqualificazione del litorale metropolitano. «Per questo motivo il confronto con New York ci ha aiutato a focalizzare gli obiettivi affiancando al lavoro degli urbanisti l’azione propositiva dell’associazionismo», spiega Massimo Clemente, dirigente di ricerca del Cnr. «Già negli anni ’50 i primi comitati civici della megalopoli statunitense si battevano per il recupero dell’estesa area portuale allora degradata, come possiamo vedere nel film Fronte del porto con Marlon Brando. E come ancora oggi – aggiunge Clemente – si presentano alcune zone del lungomare partenopeo, che non è solo via Caracciolo». Il progetto CnrIriss identifica cinque aree per avviare un serio rinnovamento urbano. Due riguardano la costa del Vesuviano. Castellammare di Stabia, dove si propone la bonifica di capannoni abbandonati e la riconversione dell’area ex Avis in parco urbano, e il Granatello di Portici con l’ipotesi di un’originale “passeggiata sugli scogli”. Altre due zone sono flegree: l’inaccessibile isola di Nisida, con la pianificazione di grandi orti gestiti dai detenuti del carcere minorile e l’istmo trasformato in ztl, e il golfo di Pozzuoli con la messa a sistema dei servizi di trasporto marittimi. Il quinto luogo è centralissimo: il molo borbonico di San Vincenzo, che si protende per quasi due chilometri di fronte al Maschio Angioino. Una straordinaria passeggiata purtroppo negata per decenni dal cancello sempre chiuso della Marina Militare. «Proprio il recupero e l’apertura al pubblico del San Vincenzo – sottolinea Clemente – dimostra quanto sia importante in questi casi il ruolo della società civile. Associazioni, ma anche mondo dell’informazione e professionisti possono insieme fare pressione per superare ostacoli burocratici e veti incrociati, traducendo i progetti in realtà. Principi che animano i Friends of Molo San Vincenzo, comitato civico nato nel 2015 che sta attivamente favorendo l’accessibilità del molo foraneo del porto di Napoli».
Intanto i colleghi ricercatori newyorkesi, guidati dall’italoamericano Michael Marrella, seguono con interesse lo sviluppo del progetto napoletano. Nonostante le differenze di contesto, sono anch’essi affascinati dal comune destino di questi due storici approdi di migranti che sembrano guardarsi allo specchio. Ellis Island come l’isolotto di Megaride. Due comunità che cercano nel mare le rispettive radici per una nuova vision del terzo millennio.
I ricercatori del Cnr Cinque zone individuate: Castellammare di Stabia, Granatello di Portici, golfo di Pozzuoli, molo borbonico di San Vincenzo, isola di Nisida