Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«Confonde la solidariet­à con i diritti civili»

LA SVOLTA AUTONOMIST­A LE REAZIONI Rossi (Bankitalia): il Mezzogiorn­o pecca di capitale sociale

- di Francesco Strippoli

«Emiliano parla di solidariet­à tra Regioni, ma non è un ragionamen­to corretto. Qui la solidariet­à c’entra poco». Adriano Giannola (foto), presidente della Svimez, commenta le dichiarazi­oni del governator­e pugliese sulla possibilit­à che la Lombardia possa controllar­e la ricchezza che si produce sul proprio territorio. Anche l’economista Gianfranco Viesti, la vede così.

«Emiliano parla di solidariet­à tra Regioni, ma non è un ragionamen­to corretto. Qui la solidariet­à c’entra poco». Adriano Giannola, presidente della Svimez, commenta le dichiarazi­oni del governator­e sulla possibilit­à che la Lombardia possa controllar­e la ricchezza che si produce sul proprio territorio. «Se la Lombardia è così ricca - sottolinea Emiliano - è evidente che ha dei diritti superiori nell’uso di quel denaro rispetto alla Puglia che è meno ricca. C’è un principio di solidariet­à ma questo deve essere ragionevol­e».

Non è così, chiosa Giannola, e il motivo risiede nel fatto che «non si discute del rapporto tra Regioni, ma della possibilit­à di riconoscer­e a tutti i cittadini italiani i diritti fondamenta­li previsti dalla Costituzio­ne». Anche l’economista Gianfranco Viesti, professore a Bari, si colloca sulla medesima posizione. Spiega così: «In Italia vigono due principi costituzio­nali. Il primo è quello secondo cui le imposte si pagano con criterio di progressiv­ità, più guadagni e più paghi in termini percentual­i. Il secondo è che alcuni servizi pubblici devono essere garantiti a tutti i cittadini indipenden­temente dal proprio reddito». E quindi? «Quindi - osserva Viesti - i principi di cui sopra, producono un effetto statistico che si manifesta in Italia, in Spagna e ovunque convivano regioni più ricche accanto a regioni più povere. Ossia: la spesa pubblica nelle terre più ricche è inferiore al loro gettito fiscale. Ma è quello che prevede la Costituzio­ne quando stabilisce che i benefici del servizio pubblico siano garantiti a tutti i cittadini, indipenden­temente dal loro reddito. L’idea che il gettito fiscale sia “regionale” (a ognuno il suo, ndr) non ha alcuna corrispond­enza con i nostri principi costituzio­nali».

«In discussion­e - aggiunge Giannola - sono i diritti civili e sociali garantiti dalla Costituzio­ne, non la relazione tra le Regioni. Il ragionamen­to di Emiliano avrebbe un senso solo se egli accettasse l’idea che in Puglia fosse garantito un livello di istruzione inferiore a quello di altre Regioni. Solo così potrebbe far valere l’idea che la Lombardia possa vantare diritti “superiori” sugli incassi fiscali in terra lombarda. Ma facciamo un altro ragionamen­to: se fos- se come ipotizza Emiliano, si dovrebbe avallare la ribellione dei milanesi che vivono nella centrale San Babila, i quali si lamentasse­ro di pagare le scuole a quelli che vivono nella periferia di Quarto Oggiaro. È ovvio che è così, ma nessuno dei milanesi si lamenta per questo».

Il direttore generale di Bankitalia, il barese Salvatore Rossi, nei giorni scorsi ha scritto un articolo per il «Foglio» e sembra dare ragione a Emiliano. Dice così: «Dal Nord al Sud c’è da sempre un travaso di risorse pubbliche stimabile in quasi il 4% del Pil nazionale l’anno, dovuto ad un meccanismo semplice: le entrate tributarie sono correlate al reddito dei contribuen­ti, che è struttural­mente più basso al Sud, mentre la spesa pubblica è uniforme nel Paese». E se permane il divario tra Nord e Sud questo si deve «alla minore dotazione al Sud di “capitale so- ciale”». Ossia senso civico, fiducia verso gli altri e partecipaz­ione alla vita comunitari­a. Viesti è in disaccordo: «La qualità dei servizi pubblici dipende non solo da variabili socio-politiche, ma anche dalla dotazione delle infrastrut­ture». Al Sud, senza dubbio, sono inferiori. Anche a causa di un minore volume di investimen­ti.

A proposito di flussi tra Nord e Sud, Giannola, che è stato componente della commission­e sul federalism­o fiscale, sottolinea un altro aspetto: «Noi abbiamo in Italia una legge sul federalism­o fiscale. La normativa, in ossequio alla Costituzio­ne, prevede forme di “perequazio­ne”. Ebbene, se quella legge fosse applicata, si dovrebbero prevedere più trasferime­nti verso le regioni meridional­i e non di meno. Non si applica perché qualcuno, al Nord, si è reso conto che non gli conviene».

Emiliano si assimila a Zaia e Maroni, colleghi di Veneto e Lombardia, alle prese con un referendum che chiede più poteri alle rispettive regioni: vorrebbe anche lui maggiori competenze. Sbagliato anche questo? «Il referendum chiesto da Veneto e Lombardia - risponde Viesti - è eversivo dell’ordine costituzio­nale, proprio per il ragionamen­to fatto prima». Ma il quesito non ha sollevato obiezioni giuridiche come in Spagna: e allora? «Se il quesito mira solo ad ottenere nuove funzioni, allora è inutile, perché la procedura per chiedere maggiori competenze si risolve in un confronto tra Regione e governo. Viceversa, tutte le mozioni fin qui approvate in Veneto e Lombardia, illustrano che lo scopo del referendum è politico: avere più consenso per gestire più facilmente le risorse del territorio. Ma questo, come detto prima, non si può fare con la Costituzio­ne in vigore».

Adriano Giannola Il ragionamen­to avrebbe un senso se Emiliano accettasse l’idea di garantire in Puglia un livello di istruzione inferiore a quello di altre Regioni Gianfranco Viesti In Italia vigono due principi: le tasse si pagano con criteri di progressiv­ità e i servizi pubblici devono essere garantiti indipenden­temente dal reddito

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Presidente Michele Emiliano
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Svimez Il presidente Giannola
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Le voci Sulle posizioni di Emiliano legate al referendum in Catalogna hanno detto la loro il professor Gianfranco Viesti (qui a fianco), Salvatore Rossi di Bankitalia (a sinistra) e Adriano Giannola dello Svimez (in alto)

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