Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Il bollino dell’Unesco sui maestosi ulivi da cui nasce l’ogliarola
«Io amo/le patrie dell’olio, /gli uliveti... ». Pablo Neruda canta gli ulivi, «stirpe austera». Più pragmaticamente, a Carovigno, Ceglie Messapica, Cisternino, Fasano, Ostuni, San Michele Salentino, San Vito dei Normanni, dove la pianura cede il passo ai sassosi terreni dell’Altopiano, i produttori valorizzano il loro olio dominazione di origine protetta “Collina di Brindisi”. Dopo la “Dop”, è già avviato il procedimento che farà diventare “Patrimonio dell’Unesco” gli oliveti monumentali di Monopoli, Fasano, Ostuni e Carovigno che fanno crescere la varietà “ogliarola”, già nota a Plinio nei tempi che furono. Il dossier presentato al ministero delle Politiche agricole per l’inserimento nel Registro nazionale dei Paesaggi rurali storici (anticamera per candidatura Unesco) è stata già esaminato dalla Commissione ministeriale ed ha avuto esito positivo in seguito al sopralluogo effettuato nel luglio scorso. Ora si attende il decreto del ministro Martina con le motivazioni del riconoscimento.
Gli ulivi come storia, tesoro da proteggere e da ammirare. Non è poesia. È il segno di una civiltà dei campi che va fatta conoscere, anche per essere incentivata, come fanno in questa zona: i giovani oliveti si alternano a quelli secolari e ricalcano le caratteristiche dei predecessori: piante di notevole altezza e con ampio diametro della chioma, allevate “a vaso” con branche che si elevano al cielo. Le giovani piante sfidano le vecchie che non sono soltanto un’icona paesaggistica, in quanto continuano a dare il prezioso frutto delle “Ogliarole”.
Il “Collina di Brindisi”, come si chiama oggi, è un olio conosciuto dai consumatori locali e nazionali da secoli. Una qualità consacrata per il grande impegno dei produttori che, con molitori e imbottigliatori, hanno letto il nuovo cda (presidente: Pietro D’Amico; vice presidente: Umberto Cavallo; consiglieri: Floriana Fanizza, Francesco Prudentino, Luigi Asciano, Rocco Caliandro, Antonio Laera, Giovanni Livrano, Michele Moscato, Leonardo Petrella, Paolo Argentiero, Gianluca Cisternino, Claudio Lanzillotti). Gli obiettivi sono ambiziosi: allargare la compagine sociale; favorire la sensibilizzazione di alta qualità, rispettando quello che è uno dei disciplinari più severi d’Italia; promuovere l’identificazione del prodotto, sottolineando che proviene in prevalenza dagli ulivi monumentali.
Il presidente D’Amico e il vice Cavallo, fra l’altro, hanno spiegato le dinamiche della produzione a freddo e a caldo, argomento dibattuto: «I frantoi, anche quelli a ciclo continuo, si attengono alle norme, non superando la soglia dei 27 gradi. Sono i grandi imbottigliatori che, per i ritmi di imbottigliamento, toccano e superano i 40 gradi. Un motivo in più per preferire l’acquisto del nostro olio in loco, dando valore alla filiera corta». Insomma, l’ulivo è storia da proteggere, ma è anche futuro e, guardando avanti, i produttori cercano nuove vie per dare slancio commerciale ad un olio che a volte deve vincere concorrenze sleali.