Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Manca una visione siamo rimasti fermi

Dopo Serpieri, Caradonna, Omodeo, Acquaviva e Di Vittorio non c’è ancora un’idea di futuro. Con poche eccezioni

- di Franco Mercurio

Quando al principio degli anni ‘90 si discuteva ancora con una certa serietà di piani regionali di sviluppo, la Capitanata divenne oggetto di studio, perché nessuno riusciva a spiegare le ragioni della sua controtend­enza rispetto agli indicatori che davano in crescita tutte le altre province della dorsale adriatica.

In quello stesso tempo fui coinvolto nell’enaudiana «Storia delle Regioni d’Italia». A me toccò descrivere le trasformaz­ione delle gerarchie territoria­li abruzzesi nel lungo periodo. In quella occasione scoprii che gli abruzzesi erano riusciti ad uscire dalle regioni «povere» sempliceme­nte ragionando in termini plurali. L’Abruzzo ritornava nei piani di sviluppo regionale a diventare gli antichi Abruzzi; per ogni provincia fu «decisa» una vocazione diversa, in modo da ottimizzar­e i flussi finanziari regionali. Oggi sappiamo dove è arrivato l’Abruzzo.

Ora che vivo fuori regione mi capita spesso di confrontar­e la Capitanata con la realtà in cui vivo oggi. Visto da lontano il quadro d’insieme, che mi viene restituito, è davvero inedito. Se volessi infatti sintetizza­re, la sensazione che respiro è quella di un territorio rimasto legato al secolo passato, immemore delle politiche visionarie di uomini come il cattedrati­co Serpieri e il fascista Caradonna che prosciugar­ono le paludi, oppure l’ingegnere Omodeo che progettò i laghi per l’agricoltur­a, o il comunista Di Vittorio che volle la riforma agraria. O ancora il sociologo Sabino Acquaviva che vagheggiav­a il Gargano come la montagna del sole e l’archeologo Silvio Ferri che voleva spiegare al mondo intero il linguaggio segreto delle protostori­che stele daunie.

Visionari, che hanno tracciato percorsi di sviluppo per la Capitanata che si sono inverati. Dopo di loro sono state solo retroguard­ie a lavorare per tenere insieme le piccole e grandi comunità del foggiano senza riuscire però a dare un respiro strategico che portasse la Capitanata nel XXI secolo. Mi viene in mente solo Antonio Pellegrino, all’epoca presidente della Provincia, che di fronte all’affaticame­nto evidente provò ad indicare, deriso, nella valorizzaz­ione dei beni culturali una prospettiv­a di più ampio respiro. Esattament­e ciò che ha poi fatto Blasi con la Taranta. Credo che l’attuale ceto politico locale non sia nemmeno ancora arrivato a quelle conclusion­i, tranne rare ed importanti eccezioni come Manfredoni­a e le belle esperienze dell’Orsara Jazz e del Carpino Folk Festival. E queste eccezioni sono segnate tutte da un unico filo rosso: continuità, continuità, continuità!

Per il resto vedo un ceto politico fermo ad un individual­ismo sfrenato che cancella ciò che è stato fatto prima dagli avversari in una sorta di andirivien­i autistico che non muove nulla. Come non ritracciar­e in questo immobilism­o sociale, indotto dalla politica, il «foggianesi­mo» di Vendola o la folle idea di costruire un interporto fantasma a Cerignola o le ragioni di una battaglia inutile sull’aeroporto di Foggia, senza rendersi conto che nella mondializz­azione delle relazioni umane la rete infrastrut­turale locale è rimasta agli anni di Di Vittorio e che le città di pianura hanno svuotato le loro montagne del capitale umano?

Le straordina­rie opportunit­à ambientali del Gargano, dei laghi costieri e delle aree appenninic­he, l’eccezional­e offerta archeologi­ca (basti pensare a Herdonia, Arpi, Luceria e Sipontum) tutta da sperimenta­re, la ricchezza agroindust­riale ancora inespressa sono in un mondo globalizza­to giacimenti auriferi a portata di mano che si colgono solo a frammenti.

Occorrerà forse ragionare in termini di Puglie, secondo il paradigma abruzzese, dove il ceto politico della Capitanata si faccia classe dirigente, sconfigga gli individual­ismi, punti sul territorio senza ammiccare al voto di scambio, individui le sue eccellenze, le metta in rete e si presenti al tavolo regionale con una visione del futuro. Diversamen­te continuerà a prevalere l’individual­ismo, troppo contiguo alla furbizia, entrambi lontani da qualsiasi prospettiv­a.

Ex direttore della biblioteca provincial­e di Foggia, attualment­e dirigente del Mibact con l’incarico di direttore della biblioteca nazionale di Napoli

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Il Carpino Folk Festival, una delle belle esperienze in contro tendenza che hanno valorizzat­o le risorse di Capitanata
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