Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

SERVE INTELLIGEN­ZA E SERVE LA POLITICA

- Di Silvio Suppa

Brutto momento per la Puglia, fra la nuova bocciatura della Corte costituzio­nale e visibile «disordine» pre-elettorale. Ancora una volta, preme il nodo dell’Ilva, dove l’attuale proprietà parla di ulteriori 4000 «esuberi», gergo ormai insopporta­bile. Un conto è dimensiona­rsi secondo il mercato, un conto è smentire impegni della prima ora e in più aggiungere 10.000 licenziati, poi riassunti con contratti senza garanzie; nello sfondo, di ambiente non si discute. La Regione non può certo fare da testimone all’intera questione, ancora tutta da affrontare. Si aggiungano poi la conferma dell’originario progetto governativ­o in materia di gasdotto e la strana ipotesi di soluzione di un’affrettata legge, «inventata» per il Corecom. Se il tema del gas è frutto di ostinata rigidità verso il governo centrale, comunque infruttuos­a in tempi di democrazia fragile, anche la scelta per lo stesso Corecom denuncia un difetto di negoziazio­ne, della quale invece esiste grande necessità, specialmen­te per le forme di rappresent­anza istituzion­ale. È abbastanza per parlare di vera «empasse» di iniziativa, da cui sarà difficile uscire con eleganza politica, quell’eleganza che non sembra essere stata, finora, la linea di Emiliano, sempre orientato su manovre di respiro locale, o sul conteggio numerico dei sostenitor­i. Ma le ultime notizie spiegano il senso di tutto questo, se è vero che il nostro presidente punterebbe ormai alla Camera di primavera, presentand­osi persino con una lista civica di sua ideazione. Che la voglia di primato potesse condurre dritto alle elezioni politiche, non era difficile capirlo, ricostruen­do tutto l’itinerario osservato da Emiliano nella sua carriera politica; ma più di una domanda è lecita sugli esiti di questi giochi infiniti, che finora alla Puglia hanno fatto più male che bene. Ognuno è padrone di proporsi al Parlamento, e finanche a un ministero, certo, purché non si serva della presidenza regionale come di un colossale trampolino nel cuore della cronaca quotidiana, o alimentato dalla creazione artificial­e di un bilancio da consumato dirigente, il quale infine abbandona. Se poi le cose stanno diversamen­te – difficilis­simo indovinare – allora questo è il momento di sfoderare l’arte della politica del nostro presidente, con una direzione più aperta e meno personaliz­zata, e con uno sguardo al governo di Roma – quale che sia – per fare passi avanti, e non per l’irresistib­ile tentazione di mettergli un voto. Anche un simile voto sarebbe legittimo, però sulla base di un programma concreto, che tuttavia fin qui non si è nutrito di realizzazi­oni a beneficio pubblico.

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