Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Dieci anni fa nacque il Pd Così scegliemmo sede e simbolo»
«Per avere mani libere costituimmo un’associazione»
«Ho visto nascere il Pd». Oggi sono dieci anni che, dalla fusione di Ds e Margherita, è nato il Partito democratico. Un deputato barese, Alberto Losacco, può rievocare quell’evento. Lui era lì e giocò - insieme ad altri - un ruolo non secondario: ecco non la storia ufficiale, ma gli aneddoti curiosi.
«Ho visto nascere il Pd». Oggi sono dieci anni che, dalla fusione di Ds e Margherita, è nato il Partito democratico. Un deputato pugliese, il barese Alberto Losacco, può rievocare quell’evento. Non la storia ufficiale – con la consacrazione delle primarie e l’elezione del primo segretario, Walter Veltroni – ma quella minore, fatta di aneddoti curiosi. Per esempio il fatto che prima del partito sia nata un’associazione. Si chiama «La nuova stagione» ed è costituita per evitare che le procedure restino nelle mani dei due contraenti politici, reciprocamente diffidenti l’uno dell’altro.
«A me e all’ex segretario dei giovani Ds Vinicio Peluffo – racconta Losacco – venne chiesto di formare l’associazione. Veltroni mi fece due richieste: cercare una sede che non fosse quella dei partiti fondatori e lavorare sul simbolo. Un incarico che non mi era nuovo, essendomi già cimentato con quello di Asinello, Margherita e Ulivo».
Losacco ha 37 anni, si è sposato qualche mese prima, fa politica e (quando riesce) l’avvocato. Proviene dall’esecutivo della Margherita: ruolo che gli vale l’anno dopo, col Pd già nato, l’approdo in Parlamento. «Sulla sede – rievoca Losacco – l’idea maturata in quei mesi è di dare un segnale di discontinuità rispetto alla tradizione dei palazzi della politica e tutti nel centro di Roma. Individuai uno spazio al Circo Massimo, piacque subito a Veltroni, era un loft: il Pd è il primo partito a rinunciare a corridoi e stanze chiuse. E’ la rappresentazione anche fisica di una nuova squadra che nasce e opera in un ‘unico’ ambiente di lavoro».
Il nuovo simbolo del partito viene presentato il 21 novembre. E’ il periodo in cui i simboli della politica hanno trovato riparo nella fauna e nella botanica: l’ulivo, la quercia, la margherita, il girasole dei Verdi, l’asinello di Parisi, l’elefantino di Segni e Fini, la rosa nel pugno (i radicali), la rosa senza pugno (i socialisti). «Anche qui – sostiene Losacco – si è spezzata la tradizione e ancorato il nuovo partito a una simbologia più semplice e moderna, in linea con il resto d’Europa. L’incarico
L’incarico Veltroni mi fece due richieste: una sede nuova e lavorare sul simbolo Il ruolo Ogni tanto mi chiedo cosa sarebbe stato dell’Italia di questo decennio senza il Pd
è affidato all’agenzia ‘In Area’, il cui titolare è il salentino Antonio Romano. Dal suo studio erano arrivati i loghi di Rai, Vespa, Cgil, solo per citare i più noti. L’agenzia coinvolse nel progetto 15 giovani designer, tra cui Nicola Storto, un ragazzo molisano che allora aveva 25 anni».
E’ lui a progettare il simbolo. Le due lettere (PD) affiancate su una banda con i tre colori della bandiera (verde bianco rosso) non è accolto con calore. «Alcuni – ricorda il parlamentare – non volevano ricorrere al tricolore, perché lo vedevano come uno scimmiottamento di Forza Italia. Obiettammo che il riferimento alla bandiera doveva tornare a essere patrimonio condiviso: il Pd nasceva per fare ‘l’Italia nuova’ e quindi doveva assumere su di sé l’identità nazionale. E poi si fece notare che i tre colori rappresentavano anche le 3 culture fondative del Pd: il verde dell’ambientalismo, il bianco del solidarismo cattolico, il rosso del socialismo».
Più complessa è la discussione sul rapporto con la simbologia dell’Ulivo. Alle europee del 2004 e alle politiche del 2006 (alla Camera) Ds e Margherita si presentarono in un’unica li- sta sotto le insegne dell’Ulivo.
«Ero convinto – dice Losacco – che il nuovo simbolo dovesse contenere un riferimento all’Ulivo, per dare l’idea delle radici. E anche su questo si trovò un punto d’equilibrio: un ramoscello abbastanza grande da segnare la continuità, ma non così grande da ostruire la vista del soggetto nuovo».
Veltroni viene eletto il 14 ottobre 2007: 2,6 milioni di preferenze sui 3,5 che vanno a votare. In ticket con lui è Dario Franceschini, ex Margherita. Tra gli altri, lo sfidano Rosy Bindi ed Enrico Letta.
Inutile chiedere all’«ostetrico» Losacco cosa pensa oggi del partito che ha aiutato a venire alla luce. Ne è orgogliosamente fiero.
«Ogni tanto mi chiedo – dice – cosa sarebbe stato dell’Italia di questo decennio se non ci fosse stato il Pd. Come avrebbe attraversato la crisi, la mancanza di credibilità agli occhi dei mercati nel 2011, l’impasse istituzionale del 2013, il rapporto con l’Europa, il tema delle nuove migrazioni di massa, l’emersione delle forze populiste. Il Pd secondo me è stato un faro».
Quale che sia il giudizio che si voglia esprimere non c’è dubbio che ora il Pd si trova ad un tornante decisivo. Dopo dieci anni, e lo sforzo per unirsi, ha subito una scissione imprevedibile e imprevista. Ed è presto per dire quello che sarà negli anni che verranno.