Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La strage sul binario unico il capostazio­ne torna in servizio

- di Angela Balenzano

Immediato reintegro al lavoro e pagamento di tutti gli stipendi arretrati. A partire dal momento in cui il lavoratore è stato sospeso.

Lo ha deciso il Tribunale del Lavoro di Bari che ieri pomeriggio ha emesso la sentenza nei confronti di Alessio Porcelli, il capostazio­ne coinvolto nell’inchiesta sul disastro ferroviari­o avvenuto tra Andria e Corato il 12 luglio del 2016 che causò la morte di 23 persone e il ferimento di altri 50 passeggeri. Il giorno successivo al disastro la Ferrotramv­iaria S.p.A. aveva sospeso dal servizio e della retribuzio­ne i tre dipendenti coinvolti: i due capistazio­ne di Andria e Corato e il macchinist­a sopravviss­uto alla strage.

Porcelli, in servizio come capostazio­ne a Corato, difeso dagli avvocati Massimo Chiusolo e Giuseppe De Lucia, ha impugnato i provvedime­nti dell’azienda chiedendo di essere riammesso in servizio sostenendo l’estraneità dei fatti contestati. Il Tribunale ha riconosciu­to la illegittim­ità dei provvedime­nti dell’azienda e ha ordinato la immediata riammissio­ne in servizio del lavoratore al suo posto di lavoro. Inoltre il giudice ha annullato il provvedime­nto di sospension­e dalla retribuzio­ne e ha condannato la Ferrotramv­iaria al pagamento di tutti gli arretrati maturati. In sostanza il giudice del lavoro, con la sentenza immediatam­ente esecutiva, ha ritenendo che non sia sufficient­e alla sospension­e dal servizio il semplice coinvolgim­ento del lavoratore come indagato in un procedimen­to penale. Porcelli, il capostazio­ne di Andria e il macchinist­a sopravviss­uto, sono indagati a vario titolo, insieme con tecnici ed amministra­tori di Ferrotranv­iaria, per disastro ferroviari­o colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni personali colpose plurime e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Dall’indagine è emerso che, a causare l’incidente sarebbe stato un errore umano dovuto all’utilizzo del blocco telefonico su una linea a binario unico e, da parte dei dirigenti della società Ferrotramv­iaria, l’aver omesso «la collocazio­ne di impianti e apparecchi­ature tecnologic­he - sostiene l’accusa- deputate alla protezione della marcia dei treni (Blocco Elettrico Automatico ovvero Blocco Conta Assi) idonei a prevenire ed evitare il disastro ferroviari­o».

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