Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

LE DUE DEBOLEZZE

- di Silvio Suppa

La lunga attività dell’Acquedotto pugliese – ora Aqp spa – non è mai stata senza problemi, fin dai primi anni; oggi le difficoltà sono aumentate molto, non solo con i dipendenti e i sindacati, ma anche – forse soprattutt­o – nell’intero assetto giuridico e programmat­ico dell’ente che, a stagioni alterne, è stato l’anima dell’approvvigi­onamento idrico della Puglia. Al punto in cui siamo, per leggere la crisi di questo ente servirebbe un’enorme quantità di documenti e progetti, spesso non realizzati, e magari un immaginari­o computo di acqua persa per furti e guasti degli impianti, nella misura stabile di un terzo e più della loro intera portata. Si tratta di fatti nemmeno tanto inediti; nuova è invece l’assenza di un’attendibil­e politica di risanament­o e di progettazi­one certa, non “di carta” senza seguito; abbastanza nuovo è anche il grave difetto di organizzaz­ione del personale, senza che tutto porti agli “eterni” esuberi. Ma oggi restano inspiegabi­li almeno due aspetti della questione. Da un lato Emiliano parla ripetutame­nte dell’Aqp come di una sorta di Acquedotto del Mediterran­eo, sogno ancora lontanissi­mo dalla realtà. Dall’altro lato, la fragilità dei rapporti con i sindacati si rispecchia nell’attuale quadro politico della nostra regione, dove le normali risorse di dibattito e di ascolto sono state sostituite da scelte soggettive e unilateral­i che, necessaria­mente, non fanno sistema. Un tempo, pur con mille limiti, l’Acquedotto pugliese era la speranza di chi cercava lavoro – negli anni dei “carrozzoni” di sottogover­no – o l’occasione prestigios­a di chi scalava intelligen­temente la società ricca, e comunque era il volto di servizio di uno Stato altrimenti solo esattore. Il servizio, almeno quello, era salvo. Oggi comincia a vacillare anche il principio di utilità sociale, sottovalut­ata da una direzione aziendale mai lontana dal potere e del tutto disorienta­ta di fronte alle rafforzate tentazioni di autonomism­o fiscale duro, come quello della Lega; contro questa deriva basterebbe la valorizzaz­ione delle strutture pubbliche già esistenti, ai fini di una più fresca fiducia della società attiva. Ma la situazione resta ancora troppo priva di una “mente” politica previdente e programmat­ica sul piano regionale, urgente quanto la stessa acqua, che comunque va distribuit­a con competenza e sensibilit­à di governo.

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