Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
MA IL RITARDO VA COLMATO
Ora che esiti e impressioni sui referendum di Lombardia e Veneto sono sotto l’attenzione pubblica, conviene fare qualche riflessione, ma seguendo una prospettiva da Sud. È chiaro che la consultazione popolare, anche solo regionale, ha piena legittimità giuridica, come hanno già confermato, anche a Bari, costituzionalisti di prestigio. È invece ben più discutibile la natura sostanziale di questa consultazione, che molti – troppi – vorrebbero trasformare in un trampolino di lancio verso il voto politico, o addirittura nella base utile a negoziare altre Regioni a statuto speciale. Né si comprende bene su che cosa possa vertere una «trattativa» – così recita certa stampa – quasi in atto fra Stato e Emilia Romagna, come se in Italia esista parità costituzionale dello Stato con le Regioni o, peggio, con frammenti socio-territoriali divisi qua e là per la penisola. Inutile iscriversi, come qualcuno spera, a una rinvigorita trattativa fra la Puglia, o il Sud, e lo Stato, in vista di un federalismo fiscale rigido. Simili spazi sono molto pericolosi, nonostante il limite nettissimo posto dalla lettera e dallo spirito della nostra Costituzione, perché essi si basano su due presupposti negativi. Da una parte, il velo di leghismo che affascina persino qualche sortita di Emiliano, può condurre a mettere da parte le politiche di solidarietà nazionale su cui tutto il secondo dopoguerra ha impostato il progresso sociale e politico italiano. Dall’altra parte, il rischio maggiore è proprio l’adozione di un neo-corporatismo che ponga come interlocutori della politica i ceti e i territori, in luogo dei partiti, dei sindacati e delle forze sociali attive, con i giovani e le donne in prima linea. Oggi preme, specialmente al Sud, l’esigenza di lavoro e la necessità più generale di riscoprire il peso del rapporto fra lavoro e cittadinanza. Esistere, da solo, non vuol dire ancora essere pienamente cittadini, ed è giunto il momento di rivendicare, di fronte ai mille particolarismi anche meridionali, una semplice verità: il Paese, e tutto il sud, o si salvano insieme grazie alla convergenza di lavoro e democrazia, o si perdono, sempre insieme, nella miriade di rapporti di forza che vanno dall’avidità di somme pubbliche sottratte allo Stato, alla prepotenza dei furbi, ai personalismi politici e economici, fino alla delinquenza eretta a controllore di tutto. È uno scenario in cui il Sud ci rimette comunque, al quale vanno contrapposti la promozione dello sviluppo locale e l’impiego delle risorse nazionali per colmare il grave ritardo meridionale nei servizi moltiplicatori di ricchezza diffusa.