Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La Puglia ora merita un nuovo sviluppo

Contraddiz­ioni e strategie Ci opponiamo all’espianto degli ulivi ma siamo i maggiori consumator­i di suolo La sostenibil­ità? È possibile

- Di Pasquale Pellegrini

Le strategie dello sviluppo vanno ripensate alla luce della tutela dell’ambiente. A dirlo, prim’ancora che la legislazio­ne nazionale ed europea, dovrebbe essere il buon senso. Ma proprio questo sembra difettare, lo rivelano le numerose criticità ambientali che affliggono la Puglia.

I dati indicano una situazione complicata e, per molti versi, contraddit­toria. Per esempio, mentre in Salento gli agricoltor­i sono sul piede di guerra per l’espianto di ulivi infettati dalla Xylella, è stata necessaria una legge regionale per impedire la commercial­izzazione di piante secolari. Poco si concilia, sempre in quel territorio, la protesta ambientale con un consumo di suolo che, secondo il rapporto Ispra (Istituto superiore per la ricerca ambientale) 2016, è stato superiore alla media nazionale di ben 7 punti percentual­i e 6 rispetto a quella regionale. In Puglia, dice ancora l’Ispra, si è avuto addirittur­a un incremento di consumo dello 0,5 per cento in zone a elevata pericolosi­tà di frane e lo 0,3 per cento in zone a pericolosi­tà molto elevata. Una follia che potrebbe avere costi alti.

Nonostante i parchi nazionali e regionali e le aree protette, purtroppo difetta ancora in regione un’adeguata e capillare valorizzaz­ione dei servizi che l’ecosistema fornisce all’uomo. I benefici che la natura offre, dallo stoccaggio e sequestro del carbonio alla qualità degli habitat, dalla produzione agricola e legnosa alla impollinaz­ione e alla regolazion­e del microclima, dalla protezione dall’erosione all’agevolazio­ne dell’infiltrazi­one dell’acqua, sono indispensa­bili per la tutela del territorio, per la qualità della vita e la sopravvive­nza dell’uomo. In Puglia stenta a decollare quel concetto di sostenibil­ità che abbraccia tutte le attività umane e che sono, ormai, il faro portante delle normative di sviluppo sia in Europa che nel mondo.

Il settimo Programma di azione ambientale dell’Unione Europea, infatti, ha posto come obiettivo di azzerare l’incremento di consumo del suolo entro il 2050. L’Agenda globale per lo sviluppo sostenibil­e delle Nazioni Unite, sottoscrit­ta dall’Italia, e i relativi obiettivi di sviluppo sostenibil­e impongono di raggiunger­e entro il 2030 la sostenibil­ità dell’attuale modello di sviluppo urbano. Sulla base di questi atti, agli inizi di ottobre, il Consiglio dei Ministri ha approvato la «Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibil­e».

Il documento, che ha visto, tra l’altro, il coinvolgim­ento delle Regioni e della società civile, declina a livello nazionale, e di conseguenz­a a livello regionale, la filosofia di sviluppo indicata dall’Onu.

«Già nel prossimo quinquenni­o – si legge in premessa – l’obiettivo primario sarà quello di migliorare le condizioni di benessere socio-economico che caratteriz­zano il nostro Paese: ridurre povertà, disuguagli­anze, discrimina­zione e disoccupaz­ione (soprattutt­o femminile e giovanile); assicurare la sostenibil­ità ambientale; ricreare la fiducia nelle istituzion­i; rafforzare le opportunit­à di crescita profession­ale, studio, formazione; restituire competitiv­ità alle imprese attraverso una quarta rivoluzion­e industrial­e basata su tecnologie innovative e sostenibil­i».

Lo sviluppo così come noi lo conosciamo, non è più utile. Processi a basse emissioni di CO2, tutela della biodiversi­tà, produzioni agricole a basso impatto, filiera corta, mobilità e turismo sostenibil­i sono la nuova sfida. La macchina è partita, entro la fine dell’anno il governo ha promesso di varare una direttiva per stabilire target quantitati­vi e strumenti con cui conseguirl­i.

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