Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La Puglia ora merita un nuovo sviluppo
Contraddizioni e strategie Ci opponiamo all’espianto degli ulivi ma siamo i maggiori consumatori di suolo La sostenibilità? È possibile
Le strategie dello sviluppo vanno ripensate alla luce della tutela dell’ambiente. A dirlo, prim’ancora che la legislazione nazionale ed europea, dovrebbe essere il buon senso. Ma proprio questo sembra difettare, lo rivelano le numerose criticità ambientali che affliggono la Puglia.
I dati indicano una situazione complicata e, per molti versi, contraddittoria. Per esempio, mentre in Salento gli agricoltori sono sul piede di guerra per l’espianto di ulivi infettati dalla Xylella, è stata necessaria una legge regionale per impedire la commercializzazione di piante secolari. Poco si concilia, sempre in quel territorio, la protesta ambientale con un consumo di suolo che, secondo il rapporto Ispra (Istituto superiore per la ricerca ambientale) 2016, è stato superiore alla media nazionale di ben 7 punti percentuali e 6 rispetto a quella regionale. In Puglia, dice ancora l’Ispra, si è avuto addirittura un incremento di consumo dello 0,5 per cento in zone a elevata pericolosità di frane e lo 0,3 per cento in zone a pericolosità molto elevata. Una follia che potrebbe avere costi alti.
Nonostante i parchi nazionali e regionali e le aree protette, purtroppo difetta ancora in regione un’adeguata e capillare valorizzazione dei servizi che l’ecosistema fornisce all’uomo. I benefici che la natura offre, dallo stoccaggio e sequestro del carbonio alla qualità degli habitat, dalla produzione agricola e legnosa alla impollinazione e alla regolazione del microclima, dalla protezione dall’erosione all’agevolazione dell’infiltrazione dell’acqua, sono indispensabili per la tutela del territorio, per la qualità della vita e la sopravvivenza dell’uomo. In Puglia stenta a decollare quel concetto di sostenibilità che abbraccia tutte le attività umane e che sono, ormai, il faro portante delle normative di sviluppo sia in Europa che nel mondo.
Il settimo Programma di azione ambientale dell’Unione Europea, infatti, ha posto come obiettivo di azzerare l’incremento di consumo del suolo entro il 2050. L’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, sottoscritta dall’Italia, e i relativi obiettivi di sviluppo sostenibile impongono di raggiungere entro il 2030 la sostenibilità dell’attuale modello di sviluppo urbano. Sulla base di questi atti, agli inizi di ottobre, il Consiglio dei Ministri ha approvato la «Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile».
Il documento, che ha visto, tra l’altro, il coinvolgimento delle Regioni e della società civile, declina a livello nazionale, e di conseguenza a livello regionale, la filosofia di sviluppo indicata dall’Onu.
«Già nel prossimo quinquennio – si legge in premessa – l’obiettivo primario sarà quello di migliorare le condizioni di benessere socio-economico che caratterizzano il nostro Paese: ridurre povertà, disuguaglianze, discriminazione e disoccupazione (soprattutto femminile e giovanile); assicurare la sostenibilità ambientale; ricreare la fiducia nelle istituzioni; rafforzare le opportunità di crescita professionale, studio, formazione; restituire competitività alle imprese attraverso una quarta rivoluzione industriale basata su tecnologie innovative e sostenibili».
Lo sviluppo così come noi lo conosciamo, non è più utile. Processi a basse emissioni di CO2, tutela della biodiversità, produzioni agricole a basso impatto, filiera corta, mobilità e turismo sostenibili sono la nuova sfida. La macchina è partita, entro la fine dell’anno il governo ha promesso di varare una direttiva per stabilire target quantitativi e strumenti con cui conseguirli.