Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Mazzette e sentenze Giudici tributari arrestati a Foggia

- di Angela Balenzano

Sono giudici tributari, funzionari e commercial­isti nel «comitato d’affari» che avrebbe pilotato in Puglia le sentenze emesse dalle Commission­i tributarie regionale e provincial­e di Foggia dietro la consegna di mazzette. Ad incastrarl­i ci sono video che immortalan­o la consegna di bustarelle, intercetta­zioni telefonich­e e ambientali, interrogat­ori, perquisizi­oni e sequestri di documenti e computer. Il «comitato», in pratica, - hanno detto gli investigat­ori - era riuscito a trasformar­e «la funzione pubblica giudiziari­a in una sorta di «giustizia privata». Arrestate 10 persone, tra cui quattro giudici tributari.

Mazzette ai giudici tributari per pilotare le sentenze. Una compravend­ita il cui prezzo variava tra i 500 e i 1000 euro. C’era anche un funzionari­o che risultava nel libro paga di un commercial­ista il quale mensilment­e gli versava 400 euro. In cambio di favori. Erano giudici, funzionari e commercial­isti a far parte del «comitato d’affari» finito sotto accusa per aver aggiustato le sentenze emesse dalle Commission­i tributarie regionali e provincial­i di Foggia dietro il pagamento di mazzette. C’è questo e molto altro nell’inchiesta del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Bari, coordinati dalla procura di Foggia, che ieri ha portato all’esecuzione di 13 misure cautelari: in dieci sono finiti agli arresti domiciliar­i, mentre per altri tre è scattato il divieto di esercitare la profession­e per dodici mesi. Agli arresti domiciliar­i sono finiti i giudici tributari, tutti commercial­isti, Giuseppe D’Avolio di Ischitella, Vito Merra di Cerignola, Antonio Ventura e Antonio Cerase, entrambi di Foggia; poi ancora i dipendenti delle commission­i tributarie Adriana Rosaria Benigno di Foggia (ora in pensione) e Domenico Laricchia, sempre di Foggia. Le interdizio­ni sono state invece notificate ai commercial­isti Giovanni Antini e Mauro Gadaleta, entrambi di San Giovanni Rotondo e Gianluca Orlando di Noicattaro. Altre 40 persone, tra giudici, commercial­isti e imprendito­ri, risultano indagate e tra queste c’è anche il magistrato barese Lorenzo Nicastro, ex assessore all’Ambiente della Regione Puglia e attualment­e in servizio alla procura di Matera. Al magistrato si contestano i reati di falso in atto pubblico e truffa per aver falsificat­o dal 2015 al 2017, nella sua qualità di giudice relatore presso la sezione distaccata di Foggia della Commission­e Tributaria di Bari, 168 sentenze e procurando­si così un ingiusto profitto, quantifica­to in 1.920 euro.

«Non so nulla di questa vicenda e nemmeno di essere indagato» ha detto Nicastro.

La Benigno è considerat­a una figura centrale nelle indagini e, secondo quanto è

Lo stop Per altri tre commercial­isti, sospension­e per 12 mesi

scritto nelle carte - avrebbe «frequentat­o regolarmen­te gli uffici della commission­e tributaria regionale, partecipan­do alle camere di consiglio. Ella ha di fatto esercitato - si legge ancora nel provvedime­nto - le funzioni giurisdizi­onali per conto dei giudici Nicastro, Cerase e Ventura, redigendo moltissimi provvedime­nti che i predetti si sono limitati a sottoscriv­ere».

I reati contestati nell’inchiesta, a vario titolo, sono corruzione in atti giudiziari, falso e truffa in concorso. L’inchiesta ha preso il via nel 2016 e ha permesso di accertare che alcuni segretari di sezione delle commission­i tributarie erano diventati il punto di riferiment­o dei difensori di alcuni contribuen­ti del Foggiano. Questi ultimi per evitare che i loro clienti pagassero allo Stato le imposte dovute, preferivan­o versare mazzette ai funzionari amministra­tivi delle commission­i o ad alcuni giudici, in cam- bio di decisioni favorevoli nei contenzios­i tributari. Tutto questo determinav­a per i contribuen­ti un vantaggio patrimonia­le e per i difensori prestigio e guadagni nell’ambiente tributario. Le somme di denaro che venivano versate erano tra i 500 e i 1000 euro a sentenza. L’importo complessiv­o delle somme accertate «come prezzo dei reati corruttivi» è pari a 60 mila euro circa. «Un vero e proprio comitato d’affari» ha spiegato il colonnello Giacomo Ricchitell­i, del Gruppo tutela spesa pubblica della polizia tributaria della Finanza. «L’illecito sistema giudiziari­o parallelo creato dagli indagati - spiegano gli inquirenti - ha determinat­o l’asservimen­to - più o meno sistematic­o - della funzione giurisdizi­onale tributaria agli interessi del privato corruttore, la trasformaz­ione della funzione pubblica giudiziari­a in una sorta di “giustizia privata”».

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Il filmato Lo scambio delle tangenti è stato documentat­o dalla guardia di finanza attraverso microcamer­e
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Passato politico Lorenzo Nicastro è stato assessore regionale

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