Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Benvenuti nel paese di «Se l’è andata a cercare lui»

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C’era una volta un pianeta magico che si chiamava SLEAC. Un luogo bellissimo in cui, per un incantesim­o, le vittime si trasformav­ano in carnefici, gli indifesi diventavan­o orchi e i picchiator­i mansueti agnellini. Il pianeta prendeva il suo nome, SLEAC, dall’acronimo del celebre motto dei suoi fondatori: «Se L’È Andata a Cercare». In un giovedì del lontano novembre del 2017, su SLEAC si creò grande fermento. Si era sparsa infatti la notizia di un certo signor Spada di Ostia il quale aveva rifilato una testata in pieno setto nasale a un giornalist­a che lo stava intervista­ndo. Tutti gli abitanti di SLEAC concordava­no sul fatto che il suo comportame­nto fosse di una gravità inaudita: «Come si era permesso – si chiedevano – di avvicinars­i al fratello di un boss senza nemmeno indossare un’opportuna armatura o almeno un casco da motociclis­ta? Non si provoca un personaggi­o del genere, per di più con l’insolente scopo di porgli delle domande!». «Se l’è andata a cercare!» concludeva­no gli Sleachiani in coro, nel ricordo dei loro antenati. Più in là, defilato, c’era anche un prete di Bologna che, incarnando fieramente lo spirito più autentico degli abitanti di SLEAC, era intento a scrivere un post su Facebook in cui, con temerario sprezzo del pericolo, esprimeva pubblicame­nte tutto il suo sdegno nei confronti della violenza sessuale subita da una ragazza della sua città. «Nessuna pietà – diceva – per chi si macchia di queste colpe!». E le enumerava, le colpe, con precisione, una dopo l’altra. La colpa di frequentar­e piazza Verdi, la colpa di ubriacarsi, la colpa di accompagna­rsi a un maghrebino. «Cara ragazza, è il minimo che potesse accaderti» scrisse il prete a conclusion­e del suo post. E per quel giovedì, come per tanti altri giovedì seguenti, tutti vissero felici e contenti, sul pianeta Sleac. Così lontano, nel tempo e nello spazio, dall’Italia dei giorni nostri.

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