Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Vino e olio ancora al top ma siamo sotto attacco
della risorsa idrica, meglio ancora se recuperata dai reflui, oggi ancora non disponibile in molte parti della nostra regione. Insomma, importanti prospettive per il nostro vino, grandi sfide, ma una certezza: la strada maestra resta quella della distintività e della capacità di dare a vini tecnicamente ottimi anche un’anima capace di suscitare emozioni in chi li sceglie e restituendo a vista, olfatto e gusto la cifra stilistica territoriale.
Sul fronte oleario, dopo le ultime due annate che hanno registrato il crollo della produzione a causa delle difficili condizioni climatiche, la campagna olivicola - olearia tornerà su valori più prossimi alla norma, attestandosi su quantitativi di olio pari a 225mila tonnellate, con un calo del 25% rispetto alla media annuale di 300mila tonnellate, ma in crescita fino ad oltre il 35% rispetto all’anno scorso, quando la produzione non era andata oltre le 150mila tonnellate. Ciononostante la Puglia e l’Italia mantengono saldamente il primato europeo della qualità negli oli extravergine di oliva a denominazione di origine e indicazione geografica protetta (Dop/Igp), con il raccolto 2017 che sarà destinato a ben 46 marchi riconosciuti dall’Unione Europea.
Il rischio, però, è che i minori quantitativi di olio pugliese facciano crescere ulteriormente le importazioni di olio dall’estero. L’olio extravergine di oliva pugliese è sotto continui attacchi da parte degli agropirati senza scrupoli che «drogano» il mercato dell’olio extravergine di qualità, con un inevitabile danno a carico del territorio, delle imprese e dei consumatori.
Con il marchio comunitario «IGP Puglia» intendiamo sopperire alla storica carenza di programmazione e di un vero sistema di filiera che ha riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica un paradosso tutto pugliese, ovvero forti nella produzione, deboli sul mercato, un assioma per nulla decifrabile e comprensibile che la dice lunga sulla complessità del sistema produttivo indebolito da avventurieri e speculatori.
È opinione diffusa che estendere i controlli alla tracciabilità significa ledere gli interessi delle lobby e delle multinazionali che grazie alle ormai note operazioni di «chirurgia chimica» riescono a mantenere le loro quote di mercato disattendendo tutte le regole e le norme comunitarie in vigore. Queste situazioni hanno reso l’olio d’oliva uno dei prodotti più coinvolti nell’universo delle frodi alimentari.
La situazione è ancora più preoccupante al ristorante, dove in quasi 1 caso su 4 (22%) - secondo l’indagine Coldiretti/Censis - ci sono oliere fuorilegge che non rispettano l’obbligo del tappo antirabbocco entrato in vigore 3 anni fa con la legge europea 2013 bis, approvata dal Parlamento e pubblicata sul supplemento n.83 della Gazzetta Ufficiale 261, che prevede anche sanzioni che vanno da mille a 8mila euro e la confisca del prodotto.
Per questo va applicata alla lettera la «legge salvaolio», la n. 9 del 2013, ed è necessaria l’accelerazione dell’iter del disegno di legge che reca le «nuove norme in materia di reati agroalimentari», elaborato dalla commissione presieduta da Gian Carlo Caselli, magistrato e presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, a supporto dell’attività degli organismi di controllo che hanno uno strumento in più per contrastare frodi e sofisticazioni.