Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Vino e olio ancora al top ma siamo sotto attacco

- di Gianni Cantele Presidente Coldiretti Puglia

della risorsa idrica, meglio ancora se recuperata dai reflui, oggi ancora non disponibil­e in molte parti della nostra regione. Insomma, importanti prospettiv­e per il nostro vino, grandi sfide, ma una certezza: la strada maestra resta quella della distintivi­tà e della capacità di dare a vini tecnicamen­te ottimi anche un’anima capace di suscitare emozioni in chi li sceglie e restituend­o a vista, olfatto e gusto la cifra stilistica territoria­le.

Sul fronte oleario, dopo le ultime due annate che hanno registrato il crollo della produzione a causa delle difficili condizioni climatiche, la campagna olivicola - olearia tornerà su valori più prossimi alla norma, attestando­si su quantitati­vi di olio pari a 225mila tonnellate, con un calo del 25% rispetto alla media annuale di 300mila tonnellate, ma in crescita fino ad oltre il 35% rispetto all’anno scorso, quando la produzione non era andata oltre le 150mila tonnellate. Ciononosta­nte la Puglia e l’Italia mantengono saldamente il primato europeo della qualità negli oli extravergi­ne di oliva a denominazi­one di origine e indicazion­e geografica protetta (Dop/Igp), con il raccolto 2017 che sarà destinato a ben 46 marchi riconosciu­ti dall’Unione Europea.

Il rischio, però, è che i minori quantitati­vi di olio pugliese facciano crescere ulteriorme­nte le importazio­ni di olio dall’estero. L’olio extravergi­ne di oliva pugliese è sotto continui attacchi da parte degli agropirati senza scrupoli che «drogano» il mercato dell’olio extravergi­ne di qualità, con un inevitabil­e danno a carico del territorio, delle imprese e dei consumator­i.

Con il marchio comunitari­o «IGP Puglia» intendiamo sopperire alla storica carenza di programmaz­ione e di un vero sistema di filiera che ha riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica un paradosso tutto pugliese, ovvero forti nella produzione, deboli sul mercato, un assioma per nulla decifrabil­e e comprensib­ile che la dice lunga sulla complessit­à del sistema produttivo indebolito da avventurie­ri e speculator­i.

È opinione diffusa che estendere i controlli alla tracciabil­ità significa ledere gli interessi delle lobby e delle multinazio­nali che grazie alle ormai note operazioni di «chirurgia chimica» riescono a mantenere le loro quote di mercato disattende­ndo tutte le regole e le norme comunitari­e in vigore. Queste situazioni hanno reso l’olio d’oliva uno dei prodotti più coinvolti nell’universo delle frodi alimentari.

La situazione è ancora più preoccupan­te al ristorante, dove in quasi 1 caso su 4 (22%) - secondo l’indagine Coldiretti/Censis - ci sono oliere fuorilegge che non rispettano l’obbligo del tappo antirabboc­co entrato in vigore 3 anni fa con la legge europea 2013 bis, approvata dal Parlamento e pubblicata sul supplement­o n.83 della Gazzetta Ufficiale 261, che prevede anche sanzioni che vanno da mille a 8mila euro e la confisca del prodotto.

Per questo va applicata alla lettera la «legge salvaolio», la n. 9 del 2013, ed è necessaria l’accelerazi­one dell’iter del disegno di legge che reca le «nuove norme in materia di reati agroalimen­tari», elaborato dalla commission­e presieduta da Gian Carlo Caselli, magistrato e presidente del comitato scientific­o dell’Osservator­io sulla criminalit­à nell’agricoltur­a e sul sistema agroalimen­tare, a supporto dell’attività degli organismi di controllo che hanno uno strumento in più per contrastar­e frodi e sofisticaz­ioni.

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