Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La regia della ’ndrangheta negli affari criminali pugliesi
Traffico di droga e mani sul mercato ittico di Taranto: 12 arresti
L’ombra minacciosa della ’ndrangheta, che nell’ambito di una strategia espansionistica al Sud si garantiva la possibilità di mettere le mani sugli affari e su una fetta strategica del territorio; un’alleanza fra tre cosche, una triade criminale che si spartiva gli incassi milionari del traffico e dello spaccio di droga; infine il tentativo di infiltrarsi nel tessuto economico e politico della zona e di condizionare persino la politica e le istituzioni : ecco lo scenario a tinte fosche che affiora dalle indagini dei carabinieri del Ros di Lecce e del comando provinciale di Taranto, che hanno eseguito dodici arresti e hanno notificato un provvedimento che prevede l’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria.
L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Lecce è scattata tre anni fa. Secondo gli inquirenti al vertice del clan c’era Cataldo Caporosso, già condannato in passato per associazione mafiosa, considerato il referente pugliese della ‘ndrangheta e investito del ruolo di padrino dal boss calabrese Umberto Bellocco di Rosarno. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati un’impresa di pompe funebri, quattro veicoli e diversi rapporti finanziari bancari e postali. I reati contestati a vario titolo sono associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, danneggiamento e rapina con l’ageconomico gravante del metodo mafioso, detenzione illecita di armi da fuoco, trasferimento fraudolento di valori. Dalle indagini dei carabinieri è emersa l’esistenza di una dorsale criminale che attraversava una vasta fetta di Puglia. I militari hanno individuato interessi comuni legati in particolare alla droga con un’organizzazione criminale di Putignano mentre uno dei canali di approvvigionamento di stupefacente sarebbe stato un clan di Andria. Le alleanze, intrecciate secondo un copione ben preciso, avevano portato la cosca di Massafra ad assumere un ruolo di vertice nella nuova Sacra corona unita pugliese. Secondo gli investigatori proprio questa frangia della Scu era riuscita infatti a scalare posizioni su posizioni nello scenario criminale e mirava a un ulteriore salto di qualità. Che passava per l’inquinamento del tessuto e delle istituzioni.
In questa strategia rientrano le infiltrazioni nel mercato ittico di Taranto, ma anche il tentativo di condizionamento della politica: ecco perché alle elezioni regionali del 2015 il clan avrebbe fornito sostegno elettorale a un candidato (non eletto), rimasto sempre all’oscuro di tutto e quindi in nessun modo coinvolto nelle indagini.