Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Quei voti nulli da non leggere
Diciamolo con franchezza. Sulla vicenda di Irma Melini, ingiuriata con un epiteto sessista sulla scheda (...)
(...) utilizzata per un voto segreto nel Consiglio comunale di Bari, si rischia di passare dalla solidarietà nei suoi confronti a qualche sorriso. E pure a qualche non trascurabile preoccupazione. Gli ultimi eventi ci dicono tre cose: 1) Melini ha annunciato che sporgerà querela e chiederà una perizia calligrafica per individuare l’autore dell’insulto; 2) la consigliera ha chiesto e ottenuto la scheda con l’ingiuria; 3) con atto formale ha domandato che ciascuno dei consiglieri partecipanti al voto (23 in tutto) rinunci alla segretezza del voto per poter così individuare il consigliere che ha scritto l’insulto sessista. Sull’autore del gesto ha detto una parola definitiva Sergio Talamo sul Corriere di ieri. È un idiota. Aggiungiamo che è un politicante da strapazzo perché usa il suo tempo - e i soldi del contribuente - per ingiuriare una sua collega, per di più coperto dallo schermo del voto segreto.
Ciò premesso, l’idea che un pubblico ministero (messo in moto dalla querela) possa avviare una perizia calligrafica sulle schede di un voto segreto, mette i brividi. Montesquieu avrebbe da ridire. Ma qualcosa potremmo dirlo anche noi cittadini. Qui si sta discutendo del voto segreto e della tutela delle opinioni espresse dai rappresentanti del popolo in una istituzione elettiva. Circostanza che dovrebbe stare a cuore a chiunque voglia vivere in uno Stato democratico.
Sia chiaro, l’opinione da «tutelare» non è l’epiteto. A nessuno è consentito di diffamare qualcun altro. Purtroppo - e questo è un aspetto non ancora sufficientemente messo in evidenza - è stato compiuto un errore colossale dal presidente del Consiglio comunale. Molto semplicemente: le schede nulle non si possono e non si devono leggere. Se lo si facesse si darebbe pubblicità a frasi ingiuriose, parole diffamanti, disegni osceni. E così ciò che è impedito per legge (diffamare, ingiuriare, calunniare) verrebbe consentito con la lettura delle schede nulle. Immaginiamo la scena: «Sulla scheda è scritto che il signor tal dei tali è un corrotto: scheda nulla». Ovvio scheda nulla e soddisfazione per l’estensore anonimo. Non è pensabile, non è ammissibile.
Domanda: perché un magistrato non dovrebbe ficcare il naso in un voto segreto, ammesso che lo possa fare? Perché se si identificasse l’autore di quella frase scurrile a danno di Melini, se ne potrebbero dedurre le opinioni espresse: quelle dell’autore e quelle degli altri consiglieri votanti. L’autore verrebbe esposto alle sanzioni della forza politica di provenienza per aver disatteso le indicazioni di partito (in questo caso, non ci sarebbero lacrime da spargere) ma con il conteggio (o addirittura la lettura delle altre schede) si potrebbe risalire al voto di tutti gli altri.
Melini ha subito un torto e un danno. Ma non lo si ripara lacerando i principi della democrazia. Meglio sarebbe - ci permettiamo un consiglio non richiesto - un consiglio comunale che costringesse tutti i consiglieri a prendere la parola per stigmatizzare la violenza verbale e quella di genere. È stato un errore consentire la lettura di quella scheda. Oltre tutto ha involontariamente offerto lo spunto allo spiritoso scrutatore che ieri, nell’esame delle schede di un voto segreto in Consiglio regionale, ha citato tra i voti espressi quello attribuito a «Topolino», «Paperino» e «Minnie». Conviene fermarsi e recuperare un po’ di buon senso.