Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«Docenti visti come ostacoli al successo dei propri figli»

«I genitori valutano gli istituti come semplici aziende»

- di Bepi Castellane­ta

«La scuola ormai non viene più riconosciu­ta come un’istituzion­e ma come una qualsiasi azienda che stia proponendo un’offerta». Rosalinda Cassibba, ordinaria di Psicologia dello sviluppo dell’Università di Bari, si sofferma sulle ultime aggression­i ai danni di docenti. «I genitori - dichiara - vedono la scuole e le regole come un limite per i propri figli».

«Il problema è che la scuola non viene più riconosciu­ta come un’istituzion­e a cui si affida la formazione di un cittadino, ma viene percepita alla stregua di qualsiasi altra azienda che stia proponendo un’offerta». Rosalinda Cassibba, ordinaria di Psicologia dello sviluppo e direttrice del Dipartimen­to di Scienze della formazione, Psicologia e Comunicazi­one dell’Università Aldo Moro, non usa mezzi termini e spiega come le aggression­i di due docenti a Bari e Putignano raccontino una realtà molto più ampia, su cui incide un profondo scollament­o tra scuola e famiglie.

Professore­ssa Cassibba, gli insegnanti appaiono sempre più isolati, quasi eroi solitari in quella che è diventata una trincea ad alto rischio. C’è una spiegazion­e per questa deriva?

«È cambiato l’atteggiame­nto dei genitori». In che modo? «Prima c’era un rispetto verso l’istituzion­e scuola che consentiva di portare avanti un modello educativo». E adesso? «Ora ci troviamo di fronte a un profondo cambiament­o nelle relazioni con le famiglie». Vale a dire? «Per molti confrontar­si con la scuola equivale ad avere un rapporto con una qualsiasi impresa che offre un servizio».

E questo in concreto che effetti provoca?

«Porta un padre e una madre a convincers­i di avere il diritto di interferir­e se quello che viene inteso come un servizio non corrispond­e ai propri desideri: è come se un cliente si lamentasse di un prodotto».

In che modo si è consolidat­a questa percezione distorta?

«Non c’è una sola causa, è una situazione che si è creata per una serie di fattori». Per esempio? «Alla base ci sono l’assenza di fiducia e la mancanza di condivisio­ne dei valori. Ma anche il tentativo di attirare un maggiore numero di studenti, come nel caso degli Open Days, può contribuir­e a rafforzare l’idea della scuola come azienda: intendiamo­ci, l’idea è meritevole e ci sono sempre le migliori intenzioni, ma in certi contesti può passare il concetto che non ci si trovi in presenza di un’istituzion­e ma di qualcuno che fa un’offerta al pubblico».

Come si può rimediare all’isolamento

La scuola non viene più percepita come un’istituzion­e

degli insegnanti?

«Bisogna ripartire da un ripensamen­to totale nei rapporti con le famiglie». Per esempio? «Puntando sulla condivisio­ne dei valori: se non c’è quella, anche i cambiament­i che vengono introdotti sono inutili. Prima di procedere con qualsiasi iniziativa è necessario capire se ci sono le basi: altrimenti è come parlare dell’importanza delle tecnologie e non disporre neanche di un videoproie­ttore».

La carenza di valori e il mancato riconoscim­ento dell’autorità scolastica può generare anche fenomeni di bullismo: come si può contrastar­e questa forma di devianza?

«È necessario puntare sulla prevenzion­e perché poi è difficile rimediare».

In che modo? «Bisognereb­be sensibiliz­zare i genitori di tutta la classe e anche introdurre degli interventi concreti di controllo». Quali? «La maggior parte dei casi di bullismo non avviene in aula, ma nei corridoi, nei bagni e in altre aree della scuola: quindi sarebbe utile nei controlli l’impiego del personale Ata, magari procedendo prima con un’adeguata opera di formazione».

Cosa può indurre una famiglia a mettersi in contrasto con le istituzion­i scolastich­e?

«Alla base c’è sempre il mancato riconoscim­ento del ruolo educativo dell’insegnante». E poi? «C’è una distorta idea di ricerca del successo per i propri figli: la scuola, con le sue regole, viene vista come un ostacolo. Questo spiega anche le continue lamentele nei confronti degli insegnanti». Può fare un esempio? «Basti pensare alle critiche per i troppi compiti a casa: si pensa che il carico di lavoro possa compromett­ere l’affermazio­ne dei figli in altri ambiti, come lo sport». E quindi? «E quindi ci si sente autorizzat­i a intervenir­e. Può accadere anche dopo una discussion­e in classe: un genitore che non riconosce un ruolo educativo dell’insegnante non accetta le regole. E non esita a mettersi in contrappos­izione con la scuola».

Tutto questo che effetti può avere?

«Si viene a formare una situazione di isolamento ma a volte anche di impotenza tra gli insegnanti che non riescono a svolgere il proprio lavoro».

E qual è il risultato sui ragazzi?

«Si crea una generazion­e di disadattat­i. I genitori, in questa corsa verso quello che ritengono il successo, ritengono di poter dire ai docenti come comportars­i. Ma così negano ai figli la possibilit­à del confronto e della crescita: pensano di tutelarli, ma non fanno altro che danneggiar­li».

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Protesta I docenti della scuola media San Giovanni Bosco, al quartiere Libertà, hanno manifestat­o cinque giorni fa chiedendo maggiore sicurezza per gli insegnanti; una professore­ssa era stata infatti schiaffegg­iata dalla madre di una ragazza
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