Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Morta dopo tre interventi, paga solo un medico

Un imputato per il calvario di una poliziotta di 27 anni. Il padre: «È un fallimento della giustizia»

- Francesca Mandese

Un’odissea attraverso tre ospedali, sottoposta a tre interventi chirurgici e poi la morte dopo circa 40 ore di agonia. Per la tragica fine di Angela Valeria Lepore, la ventisette­nne di Toritto agente di polizia penitenzia­ria deceduta nel luglio del 2014, potrebbe finire sotto processo uno solo dei molti medici che ebbero la sua vita fra le mani.

Ieri mattina, infatti, il giudice per l’udienza preliminar­e ha rinviato a giudizio solo Antonio Di Pinto, mentre l’altro medico, Mario Desiati, sarà interrogat­o dal giudice nei prossimi mesi prima che il gup decida se prosciogli­erlo (come chiesto da Procura e parte civile) o rinviarlo a giudizio. Il processo a carico di Di Pinto dinanzi al Tribunale di Taranto comincerà il 7 marzo 2018, il medico dovrà rispondere dell’accusa di omicidio colposo. Fu lui, nell’ospedale Santissima Annunziata di Taranto, che operò per primo la giovane donna.

Il padre della vittima, Giuseppe Lepore, però, ritiene che non sia ancora abbastanza e che non siano «state accertate tutte le responsabi­lità». Nel corso di una conferenza stampa ha parlato di «fallimento della giustizia», dopo sette denunce, una segnalazio­ne alla Corte dei Conti e da ultimo una lettera inviata al ministro della Giustizia, Andrea Orlando. «Mia figlia si poteva salvare — ha detto l’uomo, affiancato dall’avvocato Massimo De Lorenzis —, le responsabi­lità sono talmente evidenti dalla lettura degli atti che solo un cieco non le vede, eppure in tre anni e mezzo quasi tutte le indagini sono state archiviate».

La prima inchiesta sul decesso della giovane agente penitenzia­ria era stata aperta dalla Procura di Bari che aveva indagato 20 medici di tre diverse strutture sanitarie: il Pronto soccorso di Manduria (Taranto) in cui la ragazza si era recata per un malore all’addome, l’ospedale Santissima Annunziata di Taranto, dove aveva subito il primo intervento, e il Policlinic­o di Bari, in cui era stata poi ricoverata e sottoposta alle operazioni di rimozione di un calcolo renale, di impianto di un polmone artificial­e e infine di craniectom­ia. La posizione dei sette medici baresi era stata subito archiviata. Con riferiment­o alla posizione dei medici tarantini, invece, gli atti erano stati trasmessi alla Procura ionica, che ha chiesto nei mesi scorsi il rinvio a giudizio per i due medici dell’ospedale di Taranto che avevano eseguito il primo intervento chirurgico (uno dei quali ora rinviato a giudizio e indagato anche per aver falsificat­o le firme del consenso informato), ha archiviato l’indagine su altri sette medici tarantini e ha chiesto l’archiviazi­one per tre medici di Manduria.

«È toccato a Valeria ma poteva essere la figlia di chiunque — ha detto ancora Giuseppe —, ogni giorno si sente di una indagine per malasanità, la gente ormai ha paura di entrare negli ospedali. Dobbiamo difenderci da chi dovrebbe aiutarci e tutelarci e io non mi fermerò finché non avrò ottenuto giustizia».

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