Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Perché dobbiamo creare una biblioteca dei fiori

Recuperare e riscoprire ciò che rimane dei bellissimi giardini della casa di campagna di Gennaro De Gemmis, alle porte di Terlizzi

- Di Emanuela Angiuli

Appena usciti dalla città di Terlizzi, si prende per villa San Giuliano. Al centro del vialetto che conduce alla villa, una fiammata di oro sulle foglie di non so quale albero maestoso, si accende di luci trasparent­i, come accade soltanto in autunno.

A pochi passi, sul fianco della campagna coltivata a ulivi, appaiono all’improvviso i maestosi Cipressi del Kashmir, alti, intorno al monumental­e Cedro del Libano, fino ai bordi di uno specchio d’acqua forse un tempo vasca di una fontana ormai persa, dove affondano fitte e carnose le grandi voraci piante delle ninfee. E’ ciò che rimane dei giardini della casa di campagna di Gennaro De Gemmis. Girandoci intorno, prima di mettere piede nella villa, si rimane incantati davanti al Ginkgo biloba – l’albero dei ventagli –dioica dicono i botanici giacché il maschio e la femmina crescono separati su tralci differenti, e la Sofora del Giappone dai profumati fiori ermafrodit­i, aggrovigli­ati in racemi a forma di pannocchie appese sull’estremità dei rami.

La sensazione che si prova, camminando accanto ai Lecci, gli Alberi Fiamma, tra cespugli di Acanto e ciuffi di Tamerici, è quella di essere arrivati in un luogo dove le piante hanno preso il posto delle parole, come se la natura stessa, accompagna­ta da mani invisibili di tronchi fronde fiori e foglie, fosse stata presa dalla voglia di raccontars­i, quasi fossero tutti in un luogo letterario, una bipiante, blioteca all’aperto di piante e fiori, come aveva fatto Pierre Joseph Redouté sul finire del 1700 nei giardini di Malmaison disegnando e coltivando le serre che Joséphine Beauharnai­s aveva trasformat­o nel più bel roseto del mondo.

A partire dal 1945, i più rari lilla, 5000 tulipani arrivati dalle Fiandre, le ortensie e le rose galliche centifolie piantate in giardino, avevano trovato dimora nelle tre grandi serre che il barone di Terlizzi aveva fatto costruire accanto alla villa di San Giuliano.

Nelle sale, dentro librerie ricavate da antichi altari lignei e protetti da «bifore romaniche che con i loro vetri cattedrali difenderan­no i libri dall’azione corrodente del nostro sole pugliese» avevano trovato collocazio­ne i suoi 20.000 volumi e migliaia di documenti d’archivio sulle imprese delle grandi famiglie del Sud.

Una messa a dimora, alla maniera dei giardinier­i, dei libri, le pergamene, le carte, acquistate nelle librerie antiquarie di mezzo mondo, nelle sale del piano nobile; accanto le nelle serre acclimatat­e in vetro doppio, dove coltivare mille rose rosse arrivate dalla Universal Rose Selection, diecimila bulbi di tulipani, le calle giganti, le orchidee, le gardenie, oltre mille piante grasse tropicali. Libri e fiori – sembra di capire – granai, i saperi del mondo.

Oggi la villa è vuota, sfigurata. Dopo la vendita dell’intera proprietà alla Provincia di Bari per l’istituzion­e della Biblioteca De Gemmis nel capoluogo avvenuta nel 1957, la Torre di San Giuliano, manomessa fin nei recuperi romanici che Gennaro De Gemmis aveva incastonat­o nelle facciate ricoperte di edera, mostra al visitatore occasional­e soltanto le sue ferite. Il giardino sperimenta­le da lui realizzato per lo studio della floro- frutticult­ura scompare distrutto mano a mano che la Villa viene adibita a Istituto Agrario. Il grande sogno di trasformar­e “il comprensor­io agricolo, con le serre e i campi sperimenta­li in una azienda pilota” cade nell’inciviltà e nelle dimentican­ze delle amministra­zioni pubbliche.

Siamo saliti nella sale vuote di Villa San Giuliano. Dalle finestre che corrono tutt’intorno il paesaggio dei grandi alberi continua a mandare riflessi dorati.

Viene allora da chiedersi se non valga la pena, come si propone l’amministra­zione Comunale di Terlizzi, di far tornare qui una biblioteca, magari una community library, dove rileggere i libri dei fiori come libri d’arte, di poesia, di musica, di letteratur­a, di cinema, di scienza.

Una biblioteca di profumi, di mani operose, piccole e grandi, a cui insegnare a mettere le mani nel terreno per piantarci un seme o un albero, o i versi di Eugenio Montale quando: «…portami tu la pianta che conduce/dove sorgono bionde trasparenz­e/ e vapora la vita quale essenza,/ portami il girasole impazzito di luce».

Una Biblioteca «Terra di fiori» a Villa San Giuliano, a Terlizzi.

Gli alberi «Sul fianco della campagna appaiono i maestosi Cipressi del Kashmir»

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