Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Bandiera sulla luna» il ritorno di Erica Mou
Il ritorno della cantautrice di Bisceglie in tour e nei negozi con il suo ultimo album
Esce domani, per l’etichetta milanese Godzillamarket, il quinto album di Erica Mou, Bandiera sulla luna. Dopo aver esordito a diciott’anni, essere salita sul «treno» Sugar e aver lavorato per qualche tempo con Caterina Caselli, aver partecipato a Sanremo e a tanti mega concerti, a 27 anni la biscegliese Erica Musci ha voluto raccontare un’altra storia. Quella di chi ha scelto di ricominciare da capo andando a vivere a Roma, tagliando i ponti con il passato in coincidenza con una serie di dolorose cesure della sua vita: «E penso a quanto sono stata stretta/ nei panni che non erano i miei», canta in Svuoto i cassetti.
Erica, le canzoni dell’album disegnano un percorso, da una fase di smarrimento e confusione alla ricerca di un nuovo equilibrio.
«Sì, dopo aver tagliato i ponti con il passato ho cercato di mettere ordine nella mia vita, e la musica mi è stata di grande aiuto. Direi che in questo disco, forse per la prima volta, ho scritto delle canzoni che si possono definire “generazionali”. Credo di aver raccontato un modo di essere e di sentire le cose in sintonia con molte persone della mia generazione: una ricerca di calore, di una chiave per stare dentro le cose, sporcandosi le mani. Anche facendo i conti con il disagio che la solitudine in una grande città ti può dare, come canto in Roma era vuota. La scaletta dei pezzi l’ho decisa all’ultimo momento, cercando deliberatamente di disegnare una specie di storia».
Anche il tuo modo di cantare è cambiato. Alle canzoni classicamente cantautorali, come Ragazze posate, basate sull’accoppiata voci-chitarra, accosti brani più elaborati, dove anche la tua voce cerca nuovi approcci.
«Qualche anno fa, quando ho lavorato con Boosta per l’album Contro le onde, era lui che insisteva sul fatto che lasciassi perdere la chitarra e cantassi in piedi, davanti al microfono, senza quella rete di protezione che lo strumento e soprattutto il ruolo di cantautore possono darti. Qui invece ho scelto io di sperimentare un modo nuovo di cantare in certi brani, e di espormi di più. Però la chitarra l’ho suonata eccome, in tutti i pezzi». Intorno a te ci sono musicisti nuovi. «Beh, non tutti. Ad esempio c’è il fonico, arrangiatore e programmatore con cui lavoro da cinque anni, Giuseppe Saponari, e poi il mio consigliere speciale
Davide Rossi, che firma gli arrangiamenti degli archi, che per me è una figura di riferimento. L’altra presenza fondamentale è il tastierista, Antonio Iammarino. Alcune canzoni, questa volta, non sono nate dalla chitarra ma dalla mia voce e dal suo pianoforte. Poi ci sono tanti altri strumenti, che hanno un ruolo più o meno importante, come il violoncello di Flavia Massimo, o la fisarmonica di Vince Abbracciante in Arriverà l’inverno».
Al centro del disco c’è l’unica cover, Azzurro, che interpreti in modo molto originale.
«E’ una di quelle canzoni che conosco da sempre, ma che forse non avevo mai ascoltato davvero. Vista da vicino è una canzone dura, difficile. Così ho voluto rallentarla, sospenderla quasi in una dimensione di immobilità, che è quella che comunica il testo. Ho sostituito qualche accordo, e l’ho cantata dandole un tono intimo, colloquiale».
Il disco sarà presentato non con il consueto giro di incontri in librerie e negozi ma direttamente con una serie di concerti nei club, come usava una volta. Le prime date sono a Roma (3 dicembre, Monk), Milano (5 dicembre, Salumeria della Musica), Bologna (6 dicembre, Cortile Caffè).
«Sì, ho bisogno di provare dal vivo questo materiale. C0n me ci saranno Peppe, Iamma e Flavia; quindi solo voce e chitarra, violoncello, tastiere e quegli elementi fondamentali del mio suono che fornisce Peppe, costruendo e combinando vari loop ritmici». Verrete in Puglia? «Al momento ci sono solo due date sotto natale, il 22 dicembre a Lizzano (cinema Massimo) e il 23 a Terlizzi (Mat). Spero che se ne aggiungano altre; ad esempio, non vedo l’ora di cantare a Bari».
Sentimenti «Credo di aver raccontato un modo di essere e di sentire le cose: una ricerca di calore, una chiave per stare dentro le cose, sporcandosi le mani»