Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
PERCHÉ IL MERITO PUÒ SALVARCI
L’epoca problematica che stiamo vivendo, che modifica e toglie i punti di riferimento, rilancia periodicamente nella dialettica quotidiana la questione del merito, in particolare di chi svolge una funzione pubblica. Tralasciando coloro che riducono il merito a una visione classista o lo confondono con i titoli di studio, resta la sua importanza oggettiva: favorisce, infatti, un’organizzazione sociale virtuosa. Il merito disloca, in ultima analisi, la persona giusta al posto giusto nel momento giusto. Non sempre è possibile. Anzi, in una società inevitabilmente imperfetta, è nell’ordine delle possibilità che il merito non riesca sempre a prevalere. Quando avviene, rientra nella normalità dell’imperfezione. Ma il moltiplicarsi di situazioni pessime riconducibili alla prevalenza dei mediocri è diventato, di questi tempi e a ogni livello, assolutamente inaccettabile. Delinea infatti la tendenza a normalizzare verso il basso una società, per altri versi, sempre più costretta all’incertezza e al precariato. Sembra che il merito non soltanto fatichi ad affermarsi, ma sia rifiutato quasi con metodo. Da parametro d’identificazione delle migliori intelligenze e di selezione naturale della classe dirigente, talvolta anche di riscatto sociale, il merito è stato quasi trasformato in una condizione di esclusione. A farne le spese sono soprattutto i nostri giovani eccellenti. Periodicamente, consultando i rapporti Svimez o le rilevazioni Istat, si piangono lacrime di coccodrillo sull’emigrazione intellettuale della fascia più qualificata dei giovani meridionali.
Avviene poi che certi bandi di concorso negli enti locali, anche pugliesi, diano l’impressione d’essere stati escogitati più per favorire le clientele che per assicurarsi le competenze indispensabili a degli obiettivi alti. Soprattutto trasmettono alle nuove generazioni l’idea che non contino i traguardi importanti di realizzazione personale e professionale, ma ottenere dalla politica il concorso più o meno su misura. In questo scenario, non c’è da sorprendersi se i più bravi sono costretti ad andarsene. Merito significa valorizzare le capacità. È qui che occorre lavorare. La Puglia, l’Italia, si salvano se s’incentiva validamente il sistema dell’istruzione e della formazione in grado d’individuare le qualità personali e valorizzarle in una prospettiva sociale e occupazionale. Puntare sul merito favorendo al massimo l’emergere delle competenze non soltanto rimette in movimento il mercato del lavoro, ma costruisce realtà sociali più eque, stabili, organizzate. È questo, a prescindere dalle contingenze elettorali, il nuovo fronte per la buona politica.