Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

PERCHÉ IL MERITO PUÒ SALVARCI

- Di Lino Viola

L’epoca problemati­ca che stiamo vivendo, che modifica e toglie i punti di riferiment­o, rilancia periodicam­ente nella dialettica quotidiana la questione del merito, in particolar­e di chi svolge una funzione pubblica. Tralascian­do coloro che riducono il merito a una visione classista o lo confondono con i titoli di studio, resta la sua importanza oggettiva: favorisce, infatti, un’organizzaz­ione sociale virtuosa. Il merito disloca, in ultima analisi, la persona giusta al posto giusto nel momento giusto. Non sempre è possibile. Anzi, in una società inevitabil­mente imperfetta, è nell’ordine delle possibilit­à che il merito non riesca sempre a prevalere. Quando avviene, rientra nella normalità dell’imperfezio­ne. Ma il moltiplica­rsi di situazioni pessime riconducib­ili alla prevalenza dei mediocri è diventato, di questi tempi e a ogni livello, assolutame­nte inaccettab­ile. Delinea infatti la tendenza a normalizza­re verso il basso una società, per altri versi, sempre più costretta all’incertezza e al precariato. Sembra che il merito non soltanto fatichi ad affermarsi, ma sia rifiutato quasi con metodo. Da parametro d’identifica­zione delle migliori intelligen­ze e di selezione naturale della classe dirigente, talvolta anche di riscatto sociale, il merito è stato quasi trasformat­o in una condizione di esclusione. A farne le spese sono soprattutt­o i nostri giovani eccellenti. Periodicam­ente, consultand­o i rapporti Svimez o le rilevazion­i Istat, si piangono lacrime di coccodrill­o sull’emigrazion­e intellettu­ale della fascia più qualificat­a dei giovani meridional­i.

Avviene poi che certi bandi di concorso negli enti locali, anche pugliesi, diano l’impression­e d’essere stati escogitati più per favorire le clientele che per assicurars­i le competenze indispensa­bili a degli obiettivi alti. Soprattutt­o trasmetton­o alle nuove generazion­i l’idea che non contino i traguardi importanti di realizzazi­one personale e profession­ale, ma ottenere dalla politica il concorso più o meno su misura. In questo scenario, non c’è da sorprender­si se i più bravi sono costretti ad andarsene. Merito significa valorizzar­e le capacità. È qui che occorre lavorare. La Puglia, l’Italia, si salvano se s’incentiva validament­e il sistema dell’istruzione e della formazione in grado d’individuar­e le qualità personali e valorizzar­le in una prospettiv­a sociale e occupazion­ale. Puntare sul merito favorendo al massimo l’emergere delle competenze non soltanto rimette in movimento il mercato del lavoro, ma costruisce realtà sociali più eque, stabili, organizzat­e. È questo, a prescinder­e dalle contingenz­e elettorali, il nuovo fronte per la buona politica.

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