Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Guerra sull’Ilva Landini accusa: «Pagano gli operai»
L’intervista «C’è un tavolo, sbagliato ricorrere al tribunale»
Ritirare il ricorso, riprendere il negoziato. Solo così, dice Maurizio Landini, ex Fiom, ora segretario confederale Cgil addetto alle questioni industriali, si tutelano «le ragioni degli operai e dell’ambiente». «Lo dico subito. Io non sto né con il ministro, né con Emiliano. Io sono schierato con i lavoratori, le lavoratrici e i cittadini di Taranto. Il ricorso - spiega Landini nell’intervista al Corriere del Mezzogiorno - lo trovo sbagliato, anche perché è aperto un tavolo nel quale le istituzioni locali possono intervenire e discutere. Passare ai tribunali quando c’è una trattativa aperta, ottenuta grazie alle lotte dei lavoratori, in cui si sta discutendo come salvare l’occupazione è sbagliato».
BARI Ritirare il ricorso, riprendere il negoziato. Solo così, dice Maurizio Landini, ex Fiom, ora segretario confederale Cgil addetto alle questioni industriali, si tutelano «le ragioni degli operai e dell’ambiente».
Il ministro Calenda sospende il negoziato, dopo il ricorso al Tar di Regione e Comune di Taranto. Reazione drastica?
«Lo dico chiaramente. Io non sto né con il ministro, né con Emiliano. Io sono schierato con i lavoratori, le lavoratrici e i cittadini di Taranto. Il ricorso lo trovo sbagliato, anche perché è aperto un tavolo nel quale le istituzioni locali, prima escluse, possono intervenire e discutere. Trovo sbagliato passare ai tribunali quando c’è una trattativa aperta, ottenuta grazie alle lotte dei lavoratori. Per questo chiediamo che la Regione e il Comune di Taranto ritirino il ricorso. E chiediamo che il governo non sospenda la trattativa».
Il ricorso non sospende il decreto, chiede al Tar di intervenire. Fino ad allora il decreto resta in vigore. Non sarebbe giusto proseguire il negoziato?
«Non hanno senso trattative con qualcosa che ti pende sulla testa e non sai come va a finire. Insisto: se c’è un tavolo per il negoziato, è lì che si devono verificare le questioni sollevate. Dal mio punto di vista, si deve ricorrere ai tribunali quando hai constatato che non riesci a realizzare alcun accordo. Quello della Regione e del Comune non è un modo corretto di agire. Non si può giocare su queste cose. É il momento della responsabilità per tutti».
Cosa avrebbero dovuto fare Regione e Comune?
«Sono aperti vari canali di negoziati. Ci sono quelli sindacali - sui piani industriali - di cui si discute al ministero. E ci sono quelli territoriali: per l’accordo di programma di Genova e per l’ambientalizzazione di Taranto. È giusto che le istituzioni locali facciano la loro parte. Ma lo devono fare a quei tavoli, in modo da pretendere che si realizzino gli investimenti migliori e vengano rispettate tutte le norme di legge. È interesse di tutti garantire la salute degli operai e dei cittadini: per realizzare questo
obiettivo, sono necessari gli investimenti. Questo è quello che chiedono i lavoratori». Teme conseguenze per le maestranze?
«Assolutamente sì. Lo dico chiaramente. Il nostro obiettivo è fare in modo che Ilva non chiuda. Noi vogliamo che si investa- no le risorse necessarie per produrre acciaio senza più inquinare e senza più ammazzare nessuno. Significa dare lavoro e occupazione agli operai Ilva, ma anche fare in modo di avere un’industria siderurgica di qualità per continuare ad essere un Pae- se industriale. Questo è il nostro obiettivo. Credo sia condiviso. E credo che sarebbe un elemento di saggezza se tutte le parti facessero quanto è in loro potere per arrivare a quell’obiettivo».
Il ricorso lamenta lo slittamento al 2023 della conclusione dei lavori per la messa in sicurezza. E mette in luce la mancanza della valutazione del danno sanitario. Non sono ragioni valide per protestare?
«Siamo al 2018 e non è stato fatto nulla. Ma se non c’è qualcuno che compra Ilva, Ilva chiude. Non solo Regione e Comune: anche noi sindacati stiamo chiedendo di accelerare gli investimenti. Proprio nella fase di negoziato abbiamo ottenuto che il programma di copertura dei parchi minerali sia avviato il primo gennaio 2018. Quando dico che bisogna percorrere il sentiero delle trattative, intendo dire che le richieste degli enti locali vanno presentate al tavolo del negoziato». Se non fossero accolte? «Allora ognuno sarà libero di fare quello che ritiene più opportuno. Ma non siamo in quella fase. Noi, per esempio, non abbiamo mai accettato il piano di ArcelorMittal così come ce l’hanno proposto. Le trattative sono aperte: per non avere licenziamenti, per non abbassare i salari, per essere sicuri degli investimenti e per ridurre i tempi degli investimenti. Questo è l’oggetto del confronto e del negoziato. Era un punto chiaro a tutti. Se Regione e Comune mirano ad una fabbrica che produca senza inquinare, il loro ricorso potrebbe essere controproducente e rischia di non raggiungere l’effetto sperato».
È giusto che le istituzioni locali facciano la loro parte. Ma nei tavoli, in modo da pretendere che si realizzino gli investimenti migliori e vengano rispettate tutte le norme