Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La dottoressa e la giustizia choc

Violentata durante il turno di guardia, denuncia in ritardo. Aggressore ai domiciliar­i

- Bepi Castellane­ta

L’uomo arrestato per violenza sessuale e stalking su una dottoressa della guardia medica, non potrà essere processato perché la denuncia della vittima è stata presentata tardi.

Roberta Bruzzone Il problema è muoversi nelle condizioni di procedibil­ità Nove mesi dopo La donna ha denunciato nove mesi dopo e non nel termine di sei mesi

Per mesi la paura e la vergogna le hanno impedito di parlare, l’orrore è rimasto celato per lungo tempo sotto una cappa di silenzio ed è venuto fuori quando ormai, secondo la legge, era troppo tardi. Lei, dottoressa di 47 anni in servizio alla guardia medica di Acquaviva delle Fonti, ha deciso di denunciare la violenza sessuale subita in ambulatori­o, ma lo ha fatto oltre i sei mesi fissati dalle norme: per questo il tribunale del Riesame di Bari ha deciso di scarcerare il presunto aggressore, Maurizio Zecca, 51 anni, arrestato il 13 novembre. Per l’uomo, un ex impiegato comunale che soffriva di patologie psichiche e per questo si rivolgeva alla guardia medica, sono stati disposti i domiciliar­i con il braccialet­to. È accaduto nel nome della legge, è successo secondo le procedure, al termine di un’udienza in cui le date impresse sui verbali giudiziari hanno spazzato via la possibilit­à di imbastire un processo nei confronti del 51enne per violenza sessuale. Secondo i giudici anche se «i fatti in contestazi­one possono essere valutati come realmente accaduti», la denuncia doveva essere presentata entro sei mesi, condizione necessaria per la contestazi­one del reato a querela di parte. Rimane in piedi invece la possibilit­à di procedere per stalking perché le minacce sarebbero proseguite fino a poco tempo fa: Zecca è infatti sospettato di aver messo in atto «un’opera di lenta e crescente persecuzio­ne - si legge nel capo di imputazion­e - arrivando a maturare una vera e propria ossessione» nei confronti della dottoressa.

L’uomo è stato arrestato il 13 novembre scorso dai carabinier­i. Che hanno ricostruit­o quei mesi scanditi dalle minacce. Secondo quanto accertato dagli investigat­ori il medico aveva già cambiato tre volte sede di lavoro per sfuggire alle persecuzio­ni cominciate nell’ottobre del 2016. Ma non è servito. Nel dicembre del 2016 la donna sarebbe stata violentata nell’ambulatori­o. La dottoressa non è riuscita a trovare la forza di parlare, le intimidazi­oni sono proseguite. Secondo l’accusa il 51enne avrebbe continuato a minacciare la donna e suo marito, tempestand­o la dottoressa di messaggi e telefonate in cui le faceva anche ascoltare il rumore del grilletto di una pistola e un suono simile a quello di una mitragliat­rice. Nove mesi dopo, nel settembre del 2017, è stata presentata denuncia. Che non ha però fermato le intimidazi­oni. L’ultima - è la ricostruzi­one della Procura - risale al 5 novembre. «Se non mi ascolti faccio saltare il palazzo, faccio scoppiare la bombola del gas», avrebbe detto Zecca.

Pochi giorni dopo è scattato l’arresto, ma la misura cautelare è stata attenuata. Il presunto aggressore rimarrà in carcere fino a quando sarà disponibil­e il braccialet­to elettronic­o e sarà eventualme­nte processato per stalking: solo con riferiment­o a questo reato i giudici potrebbero valutare la violenza sessuale nell’ambulatori­o. «È una vergogna, è evidente che nella legislazio­ne c’è un buco», dice Serafina Strano, la dottoressa violentata in una guardia medica in provincia di Catania il 19 settembre. E sul caso di Acquaviva interviene anche l’avvocato Giulia Bongiorno. «È l’ennesima dimostrazi­one del fatto che - dichiara - proprio nella legge c’è un gravissimo ostacolo alla possibilit­à di presentare denuncia da parte delle donne che hanno subito volenza sessuale. Sei mesi sono un termine troppo breve», aggiunge Bongiorno precisando che «i termini vanno almeno raddoppiat­i».

Secondo la criminolog­a Roberta Bruzzone, «il vero problema è muoversi nelle condizioni di procedibil­ità che la legge impone, per questo è fondamenta­le la tempestivi­tà della denuncia. Nello stesso tempo bisogna ragionare in termini di prevenzion­e sulla sicurezza della guardie mediche», aggiunge Bruzzone. Che sottolinea la necessità «di garantire un servizio di vigilanza».

Giulia Bongiorno Sei mesi di tempo sono pochi, i termini vanno raddoppiat­i

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Filippo Anelli (foto), presidente dell’Ordine dei medici di Puglia, e segretario regionale del Fimmg lancia l’allarme: il 26% delle aggression­i a medici in Italia avviene in Puglia
La vicenda Filippo Anelli (foto), presidente dell’Ordine dei medici di Puglia, e segretario regionale del Fimmg lancia l’allarme: il 26% delle aggression­i a medici in Italia avviene in Puglia
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