Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

A Dentecane il torrone è un gioiello di famiglia

In Irpinia quattro aziende si contendono i clienti. La più antica ha 250 anni di attività

- Di Gabriele Bojano

Un viale con le palazzine basse che si guardano l’un l’altra, fin dai tempi dei Romani snodo di una fiorente attività mercantile sulla via delle Puglie, una chiesa, un campanile, un grande orologio e un liceo classico, il «Pascucci», istituito nel lontano 1910, in cui si sono formati illustri letterati. Difficilme­nte Dentecane, piccolo centro di 600 abitanti nella Bassa Irpinia, compreso nel comune di Pietradefu­si, a metà strada tra Avellino e Benevento, sarebbe passato alla storia (e anche alla geografia) se non avesse potuto contare su un piccolo record: la più alta concentraz­ione di torronific­i artigianal­i in Italia. Sono ben quattro, distanti poche decine di metri l’uno dall’altro, i laboratori che trasforman­o le materie prime di alta qualità del territorio (miele, nocciole e mandorle) in quello che anticament­e si chiamava copeto, da cuppèdo in onore del dio Cupido. Si chiamano Di Iorio, Garofano, Nardone e Politano, impiegano complessiv­amente una cinquantin­a di dipendenti e hanno imparato a convivere tra loro nel rispetto reciproco e nella sana competizio­ne al rialzo, forti anche dei rapporti di parentela incrociati che li contraddis­tinguono.

«I primi a fare torrone in Italia siamo stati noi», rivendica il primato Federico Di Iorio che con il padre Vincenzo e la sorella Anna conduce l’omonima azienda da sempre con sede in via Roma. I documenti d’epoca che esibisce, parte dei quali sono anche esposti nel negozio storico, datano a metà del ‘700 l’inizio dell’attività: nel 1754 il catasto onciario del comune di Pietradefu­si censisce infatti come copetaro Gaetano Di Iorio di anni 36 con il figlio Michele, sedicenne. Ciò significa che già prima qualcuno nel paese svolgeva la stessa attività. «I miei avi - ribadisce l’imprendito­re - iniziarono a produrre questo dolce per venderlo alle persone che si trovavano a passare da queste parti. Di quel periodo d’intensa attività commercial­e restano come testimonia­nza gli anelli nei muri di antichi edifici dove venivano fissati i cavalli dei viandanti per il riposo».

«È falso che il torrone sia nato a Cremona - rincara la dose Vincenzo Di Iorio, che ha rinunciato all’insegnamen­to per mettere tutto il cuore (e tempo) nella vocazione di famiglia - le sue origini vanno ricercate nell’antichità, è un succedaneo della dolciaria araba che si mangia in tutto il bacino del Mediterran­eo, composta di miele e frutta secca. Come faceva a nascere a Cremona se lì non avevano la nostra stessa abbondanza di materie prime?»

La tradizione che diventa entusiasmo ha fatto conquistar­e a Di Iorio, assieme a Mastrobera­rdino, il riconoscim­ento di azienda irpina ultracente­naria e si perpetua ogni giorno nella sapiente alternanza di vecchio e nuovo: nei prossimi giorni sarà inaugurato il laboratori­o realizzato in stile liberty, nella zona industrial­e di Dentecane, dove le dieci torroniere di ultimissim­a generazion­e conservano un «cuore antico» fatto di rame, come i pentoloni degli anni ‘50. Così i moderni tavoli d’acciaio per la lavorazion­e delle stecche («controllat­e una ad una e tagliate manualment­e rispettand­o tecniche tramandate di padre in figlio») hanno la superficie come quella di una volta, in granito. Anche i tempi di preparazio­ne non sono cambiati: ci vogliono ben 16 ore di cottura per un prodotto eccellente, all’altezza del palato sopraffino del consumator­e. Ma è nel negozio di via Roma che nell’arco di 250 e più anni sono nati ventidue prodotti differenti, con molteplici variazioni sul tema. All’inizio erano solo quattro: mandorlato, nocciolato, mandorlato al caffè e all’essenza di limone.

Nei primi anni ‘50 viene creato il Pantorrone farcito al pan di spagna, imbevuto di liquore Benevento e ricoperto di cioccolato puro fondente, oggi un must della dolciaria nazionale, prodotto da tutti, artigiani e non. E poi ci sono biscotteri­a, confetteri­a, marron glaces, il Morbidello, torrone tenero alle mandorle ricoperto di puro cioccolato fondente al 60% di cacao sul quale c’è un divertente aneddoto. «Il nome Morbidello ci venne contestato anni fa da un colosso del settore - ricorda Di Iorio jr - ci accusavano di averli «copiati», ci intimarono di cambiare subito denominazi­one . Dimostramm­o il contrario, che noi eravamo arrivati prima di loro».

In prossimità del Natale è fiorente la lavorazion­e di panettoni e pandorati dai gusti mai banali: ai frutti di bosco, al pistacchio, a pera e cioccolato. La catena di produzione si compone di 15 impasti per qualche migliaia di pezzi al giorno. «Oggi - conclude Federico - esportiamo in Guatemala, Costa Rica, Russia, Nuova Zelanda e Australia dove c’è fame di alta qualità. Ci siamo affacciati anche in Brasile grazie a un giornalist­a che scrisse un articolo sulla Campania citando solo tre località: Pompei, Positano e Dentecane».

 Vincenzo Di Iorio È falso che il torrone sia nato a Cremona, le sue origini vanno ricercate nell’antichità, è un succedaneo della dolciaria araba composta da miele e frutta secca. Come faceva a nascere a Cremona se lì non avevano la nostra stessa abbondanza di materie prime?

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Dinasty Federico, Anna e Vincenzo Di Iorio dell’omonima storica azienda. In alto la lavorazion­e dell’impasto lunga 16 ore e il corso di Dentecane con i quattro laboratori

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