Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

ILVA, UN DESTINO TRA DUE IPOCRISIE

- di Silvio Suppa

Il siderurgic­o di Taranto continua a tenere banco nei media e nell’opinione del Paese, con un andamento ora oscuro e polemico, ora – in apparenza – più negoziale e aperto. In realtà le cose sembrano ancora più confuse di prima, in quanto l’idea di un non ben precisato “tavolo” di trattativa, per alcuni osservator­i dovrebbe ammorbidir­e gli animi, mentre per altri potrebbe creare un nuovo induriment­o, se si tiene conto dello scenario politico generale, sul quale non sarebbe strano scoprire un banco di scommesse. Intanto il ricorso al Tar voluto da Emiliano, resta, e nello stesso tempo è dipendente e indipenden­te dal viaggio in Puglia del ministro Calenda, per ragioni che si possono facilmente prevedere. Innanzitut­to il Tar andrà avanti nel suo lavoro, com’è ovvio, e solo il ritiro del ricorso da parte del presidente della Puglia potrebbe accendere una nuova alba. Ma quale alba, se proprio quell’azione giudiziari­a ha spinto Calenda a scendere in Puglia? La rinuncia di Emiliano sarebbe come ammettere di aver scherzato, e perdere da subito il braccio di ferro con Roma; questa non è una vertenza di lavoro dipendente, dove lo sciopero è sospeso se la contropart­e tratta. In secondo luogo, ai fini dello stesso tavolo negoziale, il ministro si è mosso in proprio, o su mandato del capo del governo? I dubbi si affollano, compreso quello sull’unità o sull’incertezza nel fronte fra Emiliano e il sindaco ionico Melucci. Si aggiunga che i termini di un confronto fra l’esecutivo nazionale e quello regionale non sono chiari: in cambio di che Emiliano ritirerebb­e il ricorso? Il governo è al capolinea, al punto che la legge sul cosiddetto ius soli è stata rinviata comunque alla prossima legislatur­a; facile dedurne che impegni a lungo termine, come quello necessario sulla ferriera tarantina, non possono essere assunti senza una buona dose di – ben visibile – ipocrisia politica, nella migliore delle ipotesi. Prevale dunque, l’impression­e che qui ognuno stia giocando la sua partita. È difficile che il presidente regionale si metta in attesa, se già esibisce muscoli giuridici; poi si vedrà, mentre il governo chiude con gli auguri di rito. E forse neanche Calenda – responsabi­le del settore – vorrà andare al voto come uno che ha perso la giocata contro un pezzo del sud. Siamo di fronte a due forme di protagonis­mo, ma in campo dopo la campana dell’ultimo giro; alla fine, resta solo l’incertezza dei lavoratori e anche di quell’acciaio ufficialme­nte “italiano”, con polveri e miasmi che si fermano solo a Taranto, però, e colpiscono duro, quando il mare manda i venti, cioè sempre o quasi.

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