Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La «Bari ignota» di Armando Perotti
Scrittore dell’epica barese. Testimone appassionato di passioni cittadine. Difensore della città occupata dai «nuovi vandali», ossia i modernizzatori di turno che disperdevano memorie e tradizioni.
Armando Perotti (18651924), un intellettuale comunitario, interprete di costanti storiche che permangono nelle vicende della città. Fu il primo che comprese l’esigenza di avere un grande museo nel castello normanno-svevo; un’intuizione che si è concretizzata soltanto nei nostri giorni. Aprì più volte il dibattito sull’urbanistica del capoluogo pugliese; una discussione mai esaurita; giacché chiedeva una dimensione urbana, meno uniforme, in cui potesse emergere «la varietà e l’inaspettato».
Una vicenda intellettuale quindi piena di attualità critica. Un’energia intellettuale appartenente ad una borghesia emergente che faceva politica senza lavorare per i propri interessi.
Armando Perotti seppe essere esponente della classe dirigente: giornalista e amministratore pubblico che non si chiuse nello specialismo o nella difesa degli interessi professionali. E con tutto ciò rileggiamo i suoi articoli sui progetti per la comunità, attribuendo prima di tutto doveri ai baresi. Perotti, idealmente trasportato nel 1982, avrebbe contestato infinitamente l’abbattimento di un simbolo cittadino, il palazzo liberty della Gazzetta del
Mezzogiorno o sarebbe stato battagliero sul destino del lungomare a sud della città, un progetto-simbolo da sempre abortito.
Aveva inteso che la Bari dei nostri nonni conservava un’epica creata intorno ai simboli, ossia San Nicola, PicEgidio cinni, Murat, il porto, il castello normanno-svevo,emblemi cittadini da narrare per partorire una coscienza collettiva; e lo scrisse chiaramente, «Ho contribuito a creare la coscienza civica che trae nozioni dal passato e le trasforma in sentimenti e atti di bene».
Per ritrovare tali tensioni storico-culturali arriva la ristampa di Bari ignota (Lb Edizioni), una raccolta di articoli perottiani, pubblicati nel 1907, giudicati da Benedetto Croce come «esatti nella erudizione, storicamente intelligenti e di buon gusto».
La qualità dell’opera è rappresenta dal lavoro critico delle prefazioni scritte da docenti, giornalisti, storici che attualizzano un divulgatore onesto, uno scrittore diverso da chi «oggi, ama ingigantire Bari, tirandola fuori dal sottoscala di un non sempre trionfante passato», come scrive Pani nell’ introduzione a «Il primo teatro di Bari».
Ecco in fila dieci volumi vivacemente colorati; ecco le ricerche di Perotti su «L’origine del nome di Bari» ,«Il viaggio di san Nicola», «Il primo libro a stampa», «Le ossa di Niccolò Piccinni», «Il direttore del Corriere delle Puglie», «Piazze e strade baresi», «Il castello. Carcere o museo?», «Il primo teatro di Bari», «Bari e la Serenissima», «Il porto vecchio». Siamo di fronte ad un intellettuale che, tra il XIX e il XX secolo, concepì la cultura, «colta e operosa», mai chiusa negli specialismi carrieristici, tutta comunicativa e ricca di notizie. Una cultura principalmente per il capoluogo pugliese che tentava di realizzare una rinascita etico-civile; quella rinascita per la quale, al momento, abbiamo tante assenze e troppi rimpianti.