Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
DONNE DI PUGLIA DIGNITÀ E DOLORE
Ci fosse anche da noi la tradizione, come da sempre fa il Time, di mettere in copertina «la persona dell’anno» non avremmo dubbi. Quest’anno il settimanale l’ha dedicata a un gruppo di attrici belle e famose che hanno denunciato dopo decenni le molestie subite per fare carriera nel cinema. Noi in Puglia abbiamo donne coraggiose quanto quelle attrici: hanno denunciato pubblicamente, a volto scoperto, di essere state ridotte in schiavitù nei call center, di Taranto in questo caso ma la regione ne è piena. In quello in cui lavoravano percepivano un compenso effettivo di 33 centesimi l’ora a fronte di contratti fittizi di cui non hanno mai ricevuto copia che prevedevano una paga di 6 euro e rotti, mai corrisposti. E subivano decurtazioni dello stipendio per allontanamenti causati da necessità fisiologiche nel corso della giornata. Se andava bene portavano a casa uno stipendio di 60-80 euro al mese. Si prova vergogna anche solo a scriverne, di mondi come questo. Perché sono mondi, non isole, quelli del lavoro nero, nerissimo, sporco, malato. Sono addirittura più basse delle paghe degli schiavi nei campi, che spesso fanno indignare dopo le inchieste periodiche di giornali e tv, ma qui è ancora peggio. Questa denuncia ci sbatte con violenza sotto gli occhi appannati dal vapore dei pranzi natalizi il racconto di ragazze, di madri, di mogli che per sostenere una famiglia si levano all’alba, spazzano le polveri tossiche sui loro balconi, raggiungono posti di lavoro in tutto simili agli allevamenti che tanto fanno indignare gli animalisti: gabbiette in serie con lo spazio solo per una sedia ed un pc per lavorare una cuffia in testa e trattenere ogni bisogno, per riuscire a fine giornata ad incassare 3 euro, se va bene. Certo è la globalizzazione, è il nuovo lavoro, sono le forme in cui si va realizzando in una economia senza confini. È un mondo che ci è accanto, ma ignoriamo. Sono vite sfibrate e umiliate di donne che cercano di contribuire alla vita familiare. Non inseguono carriere. Hanno bisogno di sopravvivere, magari anche con soli 33 centesimo all’ora. Oggi denunciano, e rischiano. Perché calato il polverone dei titoli arriverà l’oblio come sempre accade. Non sono ragazze immagine, non sono glamour, non andranno ai reality. Sono donne di Puglia, quelle che vanno a lavorare sotto il sole nei vigneti, che accettano e cercano un lavoro purchessia. Sono donne invisibili che riempiono le strade delle nostre vite distratte e indifferenti. Mettiamole idealmente in copertina. Se la guadagnano ogni giorno.