Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
A scuola di legge e di lingua italiana Così l’integrazione per 39 rifugiati
Corsi di lingua italiana, di orientamento legale e orientamento al lavoro, partecipazione ad attività di formazione, integrazione e impegno nel settore del volontariato. Per 39 richiedenti asilo e rifugiati provenienti da diversi Paesi dell’Africa e dell’Asia, la parola accoglienza e integrazione è ormai una realtà.
E continuerà a esserlo fino al 31 dicembre del 2019. Due anni interi durante i quali continueranno a essere ospitati in piccoli gruppi all’interno di appartamenti in diversi quartieri di Bari e a beneficiare dello Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati gestito da una Ats (Associazione temporanea di scopo) composta da Arci Bari (capofila) ed Etnie onlus.
Venerdì della scorsa settimana, Comune e Arci hanno sottoscritto la convenzione Sprar «Bari città aperta» che si avvale del supporto di operatori professionisti, preparati e impegnati proprio nell’accoglienza e nell’integrazione dei migranti, che seguono personalmente le 39 persone inserite nel progetto. «Entriamo in questo prossimo biennio di lavoro — commenta il presidente di Arci Bari, Luca Basso —, con molte idee e grande entusiasmo. Abbiamo un progetto ambizioso e innovativo basato sull’apertura e sulla trasparenza, che vogliamo realizzare in forte collaborazione con l’assessorato comunale al Welfare, convinti come siamo che uno Sprar gestito da due associazioni di promozione sociale debba essere una risorsa non solo per i beneficiari che accoglie, ma per tutta la comunità in cui opera».
Un progetto sostenuto anche dal Comune di Bari, che rinnova così il proprio impegno nel settore. Come spiega l’assessora Francesca Bottalico: «Prosegue l’impegno dell’assessorato al Welfare per la realizzazione e il potenziamento di azioni innovative e inclusive nel campo dell’accoglienza e del reinserimento sociale — sottolinea Bottalico —. In questi giorni, il rafforzamento della realtà dello Sprar, in rete con Ministero e realtà sociali del territorio, si aggiunge alle importanti esperienze innovative avviate lo scorso anno sul territorio cittadino e già riconosciute a livello nazionale come buone prassi. Penso, ad esempio, alla Casa delle culture, primo centro polifunzionale per l’accoglienza e l’educazione interculturale, e alle Case di comunità, piccole e medie strutture di accoglienza rivolte ad adulti soli, spesso in povertà a causa di una separazione, a coppie e famiglie in difficoltà. Progetti rivolti ad accogliere e sostenere le persone fragili ma specialmente ad avviarle a progetti di autonomia e inclusione che possono tracciare la strada di un ricatto personale e sociale».