Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
LE INCOGNITE DEL VOTO AL SUD
Un discorso compatto ma denso di indicazioni da parte del presidente Mattarella. Che parte dalla Costituzione e ci indica come siano stati conquistati, e debbano essere difesi, pace, libertà, democrazia e diritti. «Le elezioni aprono, come sempre, una pagina danic che ai miploprtar ne tisi denG te va enrlta in i saranno gli elettori e successivamente i partiti ed il Parlamento. A loro sono affidate oprosnt urne ci asrspiz– eri ace ed ernàstrseuuc leo duro del discorso presidenziale si ritrova al una parola, «futuro», che compare tre volte unica nel testo stesso. E rafforza la scommessa di una dimensione pallea la comunità e le istituzioni pubbliche: che, in Italia, sono una ai affrontare con molta forza. Perché «la democrazia vive di impegno nel presente, ma si alimenta di memoria e di visione del futuro». Perché «cambiano gli stili di vita, i consumi, i linguaggi. Mutano i ed aspt aire ter di eiemalgeg io orircogmapn et iitozrzi,az ione della produzione. Scompaiono alcune professioni, incertezze e è stato sempre così. Le scoperte scientifiche, la evoluzione della tecnica, nella storia, hanno accompagnato un’idea di progresso». Perché «del futuro costituisce, quindi, il vero oggetto dell’imminente confronto eleItl tboar-alilber»er.iaLo stato attuale dell’Italia non As di è daino colar atteri a sottratto ai problemi della recessione del 2008. Eppur si muove, ma con un ritmo che avanza e rimane inferiore alla crescita del Pil, l’uno per cento, rispetto al due per cento dell’Unione Europea.
Il problema economico, sociale ed istituzionale dell’Italia, diventa più complicato non solo in ragione del ritmo inferiore a quello della gran parte dell’Europa. L’Italia ha superato due grandi recessioni: quella del 1992 e quella del 2008. La prima ha frantumato la gestione politica e la mancata coesione di una nazione capace di creare progetti e realizzazioni. Il tentativo, ormai obsoleto, di trovare politiche di sviluppo adeguate all’unificazione tra il Sud ed il Nord dell’Italia non è riuscito. Ciampi riuscì a portare nell’area dell’euro l’Italia ma il tentativo di ricomporre le due aree del paese crollò proprio all’inizio della recessione del 2008. Il Centronord si è rimesso in moto nel 2017 ma il Sud ha bisogno di crescere, per tornare al Pil del 2008, almeno fino al 2020. Il Sud ha una quota di imprese e di strutture: ma sono poche e circondate da una schiacciante demografia e da una mancanza di lavoro.
Non si tratta solo di una divaricazione tra le due Italie. Il Centronord ha creato istituzioni pubbliche e caratteri imprenditoriali che non sono paralleli ed identici a quelli meridionali. I territori del Sud hanno una ridotta ed, anche a volte, egregia capacità imprenditoriale. Ma le imprese del Centronord sono quelle che hanno, al loro contorno, una minore disoccupazione ed una rilevante ed adeguata organizzazione di Scuola, Sanità, Trasporti e Coesione sociale. Non si possono avere gli standard del welfare nel Sud e quelli del Nord in parallelo. Ed il tenore di vita, nella larga parte della popolazione meridionale, ne soffre molto e pesantemente.
Questa situazione singolare affiora in due ultimi punti del discorso del Presidente. «Mi limito a sottolineare, ancora una volta, che il lavoro resta la più grave questione sociale» ed anche «i problemi che abbiamo davanti sono superabili. Possiamo affrontarli con successo, facendo, ciascuno, interamente, la parte propria». Il Presidente ha ragione di volere chiudere il cerchio tra economia, comunità ed istituzioni pubbliche. Non possiamo credere che l’Italia sia soggetta ad un «risentimento» omogeneo, insomma. C’è bisogno, al contrario, di una coesione tra imprese, progetti comuni tra pubblico e privato, apertura delle tecnologie per il futuro che verrà: una scommessa che faccia affiorare un diverso e migliore mercato del lavoro di domani. Se l’orizzonte del futuro, deve e potrebbe rappresentare il vero oggetto dell’imminente confronto elettorale, all’indomani delle elezioni dovremmo avere un Parlamento ed un Governo adeguati per riconciliare il paese, indirizzandolo verso una integrazione e non una ulteriore divaricazione meridionale. Se, in caso di un ridimensionamento elettorale non ci fossero adeguate opzioni per la scelta delle politiche da gestire, sarebbe molto più utile rinunciare al progetto e rimandare a settembre la scelta di un nuovo Parlamento e di un nuovo Governo.