Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Ilva, Emiliano alza l’asticella Ma tra guasti e peso degli anni l’acciaieria sta cadendo a pezzi
Economia Chiesta ad Arcelor fideiussione da due miliardi
Altra giornata campale sul fronte della vertenza Ilva. Mentre al Mise si è tenuto un nuovo incontro tra gli acquirenti di ArcelorMittal e i sindacati, il governatore Michele Emiliano ha rilanciato sul tema della decarbonizzazione e chiesto che Arcelor, per acquisire il Siderurgico di Taranto, metta sul tavolo una fideiussione da due miliardi di euro. Intanto ieri, su sollecitazione dei sindacati e per motivi legati alla sicurezza degli operai, è stato fermato il terzo convertitore dell’Acciaieria 2. Altro segno di una fabbrica sempre più obsoleta.
Al protocollo d’intesa proposto dai ministeri dello Sviluppo Economico e Mezzogiorno, la Regione Puglia e il Comune di Taranto rispondono con un accordo di programma sotto la vigilanza del premier Gentiloni. Ma la differenza non è solo una questione di forma perché ai 9 articoli del documento di Carlo Calenda e Claudio De Vincenti spunta un testo Emiliano-Melucci da 21 articoli e 9 pagine di allegati tecnici.
La «telenovela» per ritirare il ricorso al Tar sul cosiddetto decreto ambientale dell’Ilva (presentato dai due enti locali) prosegue a colpi di tattica. Ma questa volta con il coinvolgimento diretto dell’investitore ArcelorMittal che nell’accordo di programma è il vero destinatario di richieste e aspettative. Il primo slancio del duo Emiliano-Melucci parte dalla richiesta di una fideiussione da 2 miliardi in favore dell’amministrazione straordinaria dell’Ilva «per un importo pari ai costi degli interventi ambientali previsti nel Dpcm a garanzia dell’adempimento delle prescrizioni». Sul punto dalla Regione fanno sapere che «è un atto dovuto e sicuramente sarà previsto dal contratto di vendita che non è nelle disponibilità delle amministrazioni locali». Altro punto di «frizione» è quello sull’altoforno 5 (il più grande attualmente non funzionante) da riattivare con la decarbonizzazione. Nella prima soluzione si stabilisce di effettuare «uno studio di fattibilità dell’utilizzo della tecnologia Dri...e di valutare l’utilizzo di tecnologie non a carbone nel processo produttivo allorquando tale tecnologia si dimostri tecnicamente ed economicamente preferibile rispetto a quella attualmente in uso». Ma il rilancio di Emiliano e Melucci è corposo: «Il riavvio dell’altoforno 5 configura la necessità di una nuova Valutazione integrata di impatto ambientale e Valutazione di impatto sanitario, nonché la Valutazione del danno sanitario...con la presentazione di un progetto esecutivo che preveda l’utilizzo della tecnologia Dri attraverso l’uso del gas naturale».
A questo punto sarà difficile prevedere la reazione di ArcelorMittal visto che sul fronte produttivo la multinazionale ha sempre evidenziato la difficoltà di produrre acciaio senza carbone. D’altronde modificare l’apporto dell’altoforno 5 potrebbe imporre cambiamenti sostanziosi nel piano industriale. Tanto più che l’accordo di programma, all’articolo 2, introduce un’altra particolarità: non esclude «l’adozione di un nuovo Dpcm».
Per un fronte locale problematico, c’è un altro nazionale che sembra aver imboccato la via del dialogo. A Roma si è tenuto il tavolo tra azienda e sindacati sul caso Taranto. «Ho chiesto alle parti — ha detto Teresa Bellanova, vice ministro dello Sviluppo Economico — di fare un affondo sul piano industriale nel mese di gennaio per passare già da inizio febbraio a una nonstop. Regione e Comune? Anche al tavolo ho detto che non ci sarà nessun’altra convocazione su questo tema se non sarà ritirato il ricorso». «Non aspettiamo la convocazione né del ministro Bellanova né del ministro Calenda — ha attaccato Emiliano — e stiamo aspettando la convocazione di Gentiloni». È intervenuto anche Melucci: «Bellanova non ha dato un grande contributo in questa vicenda, quindi andiamo avanti. Abbiamo proposto una piattaforma più articolata con attenzione al rischio sanitario. Lo scenario è fluido». V. Fat.