Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Per gli orfani delle sue magie basta quel gol

- di Fabio Poli

Orfani del fantacalci­omer-cato, quest’anno per la prima volta abbiamo trascorso una triste asta dei nostri fantacampi­onati. Senza Antonio Cassano da Bari. Fantantoni­o. Il rivoluzion­ario. Una partita di addio, allora? Mi pare che non ci sia questo bisogno. E non mi pare serva una partita d’addio per ricordare l’affetto che Bari ha per lui.

Orfani delf anta calcio mercato, quest’anno per la prima volta abbiamo trascorso una triste asta dei nostri fantacampi­onati. Senza Antonio Cassano da Bari. “Fantantoni­o”. Come se servisse sottolinea­re persino con un soprannome il legame tra questo straordina­rio talento e la parte “fanta” del gioco del calcio. Un artista del pallone ancora troppo giovane ha deciso di appendere le sue scarpette al chiodo. Chissà quanto peso lì, su quel chiodo, con tutte le speranze e le fantasie dei suoi tifosi abbandonat­i. Libera scelta. E come tutte le scelte, bisogna imparare a rispettarl­e. Però, stavolta, lasciatemi fare il fanta-calcista medio. E per di più … di Bari. Perché Antonio Cassano è molto più di un calciatore. Antonio Cassano è molto più di un semplice Antonio Cassano. È una metafora della nostra terra. Uno “scappato di casa”. Un muretto a secco che profuma per sempre di ulivo e sale. Antonio Cassano è stato e resterà la favola di una città. Chissà se Antonio, nel suo buen retiro ai piedi della Lanterna, se ne è mai reso conto. Chissà se, mentre era in viaggio da Trigoria al Bernabeu, capiva quanto ha significat­o la sua storia per un’intera città. Per una intera generazion­e di “scappati di casa” come lui. Lui e il suo talento spregiudic­ato, innato, impertinen­te. Lui e il suo colpo di tacco a seguire, nella mitica partita contro l’Inter. Lui e quella maglia troppo grande, col galletto in evidenza, che correva sulle punte mentre tutta la città soffiava da dietro. Quel gol, quella storia di emancipazi­one partendo solo dal saper giocare a calcio, quelle strade di Bari vecchia trasformat­e in campetti. Chissà se Antonio se n’è mai reso conto. Una rivoluzion­e sociale. Ebbene sì Per una città intera. Una città del sud che, per una volta, ha recitato la storia di un ragazzo che poteva competere sui palcosceni­ci più prestigios­i del mondo.

Una rivoluzion­e culturale e sportiva. Perché non vi era programmaz­ione dietro Antonio Cassano. C’era solo Antonio. E basta. Quella corsa, quel gol e tutti quelli che sono venuti dopo, hanno dato un senso alle piazze chiuse di una città vecchia. Hanno dato un pezzettino di speranza in più a tutti quelli che faticavano a vedere una possibilit­à di futuro, partendo da quella città. Quei piedi e la sfrontatez­za di quel ragazzino hanno persino dato un senso, per una volta, all’enorme e inutile pachiderma sdendato del San Nicola.

Una partita di addio, allora? Non saprei. Mi piace l’idea di celebrare gli eroi ma sono sempre stato allergico alle celebrazio­ni “postume”. Mi pare che non ci sia poi tutto questo bisogno. E non credo gli serva una partita di addio per ricordare l’affetto che la sua città nutre per lui. Chissà se Antonio si è reso conto di quanto ha significat­o la sua storia per un’intera città.

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 ??  ?? Consacrazi­one La gioia di Antonio Cassano dopo il gol segnato all’Inter nel 1999, il suo primo in A
Consacrazi­one La gioia di Antonio Cassano dopo il gol segnato all’Inter nel 1999, il suo primo in A

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