Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Per gli orfani delle sue magie basta quel gol
Orfani del fantacalciomer-cato, quest’anno per la prima volta abbiamo trascorso una triste asta dei nostri fantacampionati. Senza Antonio Cassano da Bari. Fantantonio. Il rivoluzionario. Una partita di addio, allora? Mi pare che non ci sia questo bisogno. E non mi pare serva una partita d’addio per ricordare l’affetto che Bari ha per lui.
Orfani delf anta calcio mercato, quest’anno per la prima volta abbiamo trascorso una triste asta dei nostri fantacampionati. Senza Antonio Cassano da Bari. “Fantantonio”. Come se servisse sottolineare persino con un soprannome il legame tra questo straordinario talento e la parte “fanta” del gioco del calcio. Un artista del pallone ancora troppo giovane ha deciso di appendere le sue scarpette al chiodo. Chissà quanto peso lì, su quel chiodo, con tutte le speranze e le fantasie dei suoi tifosi abbandonati. Libera scelta. E come tutte le scelte, bisogna imparare a rispettarle. Però, stavolta, lasciatemi fare il fanta-calcista medio. E per di più … di Bari. Perché Antonio Cassano è molto più di un calciatore. Antonio Cassano è molto più di un semplice Antonio Cassano. È una metafora della nostra terra. Uno “scappato di casa”. Un muretto a secco che profuma per sempre di ulivo e sale. Antonio Cassano è stato e resterà la favola di una città. Chissà se Antonio, nel suo buen retiro ai piedi della Lanterna, se ne è mai reso conto. Chissà se, mentre era in viaggio da Trigoria al Bernabeu, capiva quanto ha significato la sua storia per un’intera città. Per una intera generazione di “scappati di casa” come lui. Lui e il suo talento spregiudicato, innato, impertinente. Lui e il suo colpo di tacco a seguire, nella mitica partita contro l’Inter. Lui e quella maglia troppo grande, col galletto in evidenza, che correva sulle punte mentre tutta la città soffiava da dietro. Quel gol, quella storia di emancipazione partendo solo dal saper giocare a calcio, quelle strade di Bari vecchia trasformate in campetti. Chissà se Antonio se n’è mai reso conto. Una rivoluzione sociale. Ebbene sì Per una città intera. Una città del sud che, per una volta, ha recitato la storia di un ragazzo che poteva competere sui palcoscenici più prestigiosi del mondo.
Una rivoluzione culturale e sportiva. Perché non vi era programmazione dietro Antonio Cassano. C’era solo Antonio. E basta. Quella corsa, quel gol e tutti quelli che sono venuti dopo, hanno dato un senso alle piazze chiuse di una città vecchia. Hanno dato un pezzettino di speranza in più a tutti quelli che faticavano a vedere una possibilità di futuro, partendo da quella città. Quei piedi e la sfrontatezza di quel ragazzino hanno persino dato un senso, per una volta, all’enorme e inutile pachiderma sdendato del San Nicola.
Una partita di addio, allora? Non saprei. Mi piace l’idea di celebrare gli eroi ma sono sempre stato allergico alle celebrazioni “postume”. Mi pare che non ci sia poi tutto questo bisogno. E non credo gli serva una partita di addio per ricordare l’affetto che la sua città nutre per lui. Chissà se Antonio si è reso conto di quanto ha significato la sua storia per un’intera città.