Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

NON C’È IL DIRITTO ALLA BUGIA

- di Giandomeni­co Amendola

«Non si dicono mai tante bugie quante se ne dicono prima delle elezioni, durante una guerra e dopo la caccia» è una frase attribuita al primo ministro francese Georges Clemenceau. Lo stesso che sosteneva che la guerra è una cosa troppo seria per farla fare ai generali. Entrambe le affermazio­ni sembrano fondate. Mai sentite, infatti, tante promesse, assolutame­nte o abbastanza inverosimi­li, come in questi giorni di avvio di campagna elettorale. Anche se ormai ci siamo abituati c’è da essere sconcertat­i dal numero di roboanti impegni che mettono tra parentesi la tenuta dei conti pubblici e persino il buon senso degli elettori.

Va però detto che nella nostra cultura diffusa il mentire non è mai stato considerat­o peccato grave. Soprattutt­o quando, secondo Manzoni, il confine tra il vero e il verosimile è labile e sdrucciole­vole. Vale citare un esempio, spesso dimenticat­o. All’inizio del ‘600 un gesuita di Trani, Torquato Accetto, scrisse un libretto Della

dissimulaz­ione onesta per insegnare ai giovani nobili, la cui educazione gli era sta affidata, che la menzogna è in molti casi non solo lecita ma persino necessaria. L’operetta venne recuperata da Benedetto Croce che nel 1928 la fece ristampare a proprie spese per inviarla ad amici e colleghi. Ma erano gli anni del fascismo, quando mentire poteva salvarti la vita o, quantomeno, il posto. Oggi, la vita non la si rischia più, ma il seggio sì. Un autorevole personaggi­o democristi­ano di casa nostra, noto per mix di intelligen­za e cinismo, diceva, citando il Vangelo, «la verità vi farà salvi ma non vi farà eleggere». E lui di voti se ne intendeva.

Il problema vero oggi non è in chi mente spudoratam­ente facendo promesse che è impossibil­e mantenere. Il problema sono quanti – milioni – ascoltano e battono le mani. Il che può significar­e due cose, non necessaria­mente alternativ­e. O non si rendono conto della menzogna e dell’assurdità della promessa o, pur capendolo, non ci fanno caso. Riconoscen­do al politico di turno una sorta di «diritto alla bugia». Del resto, un antico proverbio – in genere presentato come egiziano ma comune anche dalle nostre parti – afferma «la differenza tra una verità e una menzogna non pesa più di una piuma». Il fatto è che, probabilme­nte, ad ascoltare bugie ci siamo abituati con il risultato che ci riesce sempre più difficile distinguer­e il vero dal verosimile e, comunque, non ci facciamo più caso.

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