Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Zaray, la verità sul farmaco

Il padre sarà ascoltato in Procura. La tragedia in ospedale ricostruit­a minuto per minuto

- Rossano

Minuto per minuto è possibile provare a ricostruir­e come si sono svolti i fatti la mattina del 19 settembre nell’ospedale Giovanni XXIII di Bari quando la piccola Zaray muore. Sul caso la Procura di Bari ha aperto un’inchiesta.

L’indagine L’inchiesta dovrà appurare tempi di somministr­azione e quantità del medicinale

Minuto per minuto è possibile provare a ricostruir­e come si sono svolti i fatti la mattina del 19 settembre nell’ospedale Giovanni XXIII di Bari quando la piccola Zaray muore. La dodicenne è ricoverata per una frattura al femore che va ridotta chirurgica­mente. Viene anestetizz­ata e sottoposta all’intervento, ma muore a causa dell’ipertermia maligna, un fenomeno improvviso di reazione all’anestetico che ha un’origine genetica. Non necessaria­mente mortale però. Con un farmaco, il dantrolene, somministr­ato per tempo e nelle giuste dosi si può superare la crisi.

Sul caso la Procura di Bari ha aperto un’inchiesta e il magistrato Bruna Manganelli ha convocato Massimo Coratella, padre adottivo di Zaray, in qualità di persona informata dei fatti. Un’altra novità importante emerge dalla cartella clinica che racconta questo caso. Il dantrolene sarebbe stato somministr­ato a Zaray, ma solo nel reparto di terapia intensiva e quindi dopo l’intervento chirurgico. La Procura dovrà quindi valutare quindi se le sia stato somministr­ato nei tempi giusti e nelle quantità necessarie.

Torniamo al 19 settembre. La giornata inizia alle 9 del mattino con la valutazion­e anestesiol­ogica: una sorta di intervista che serve a raccoglier­e elementi utili per evitare rischi durante l’anestesia e l’intervento. Un dottore o una dottoressa, questo particolar­e è da chiarire, rivolge domande di rito al padre di Zaray. Nella check-list la voce «ipertermia maligna» non viene spuntata. Un dettaglio che colpisce, visto come sono andate a finire le cose. Ma in realtà non stupisce troppo gli addetti ai lavori per almeno due motivi: Zaray era adottata (quindi il padre non avrebbe potuto sapere se questo problema genetico era presente) e poi chi saprebbe rispondere? In genere si chiede ai pazienti se si è già stati sottoposti ad anestesia o se è capitato ai propri genitori. Alle 9.15 Zaray viene portata in sala operatoria e dopo mezz’ora circa inizia l’intervento chirurgico per la riduzione della frattura. Tra le 10.30 e le 11.20 i primi problemi. La temperatur­a della ragazzina sale fino a 38 gradi. In particolar­e intorno alle 10.30, sempre durante l’intervento, si rileva un aumento della frequenza cardiaca e lo sfasamento di un altro valore legato all’anidride carbonica. Alle 11 l’intervento chirurgico è finito. E appena due minuti dopo il chirurgo ortopedico si rivolge a Massimo Coratella, padre di Zaray e gli fa il gesto del pollice alzato (come dire: «Tutto è andato bene»). Un quarto d’ora dopo, un altro bambino viene portato in sala operatoria. Particolar­e non secondario, e vedremo perché.

A questo punto, siamo intorno alle 11.20, Zaray ha la febbre circa 42 gradi. La situazione inizia ad essere grave. Viene trasferita in terapia intensiva. Dopo un primo monitoragg­io, le viene somministr­ato il dantrolene (20 milli- grammi) e si tenta di raffreddar­e il corpo anche con il ghiaccio. La febbre che era schizzata a 43.5 scende a 41.2. La situazione è talmente seria che intorno alle 11.40 viene deciso di rinviare l’intervento del secondo bambino che torna in reparto. Quindi fino a quel momento non era chiara la gravità della situazione?

Iniziano adesso le ore più drammatich­e nel racconto del padre incrociato con quello che si rileverebb­e dalla cartella clinica. Alle 12 l’ortopedico riferisce a Coratella che ci sono problemi nel risveglio. Dopo mezz’ora si inizia a parlare di «seri problemi nel risveglio». Tanto seri che gli viene comunicato che gli anestesist­i gli devono parlare.

Siamo alle 12.40. La scena si sposta in una stanza dove sono presenti Massimo Coratella (sua moglie è fuori città), gli ortopedici e gli anestesist­i. Parla per primo l’ortopedico e dice: «L’operazione chirurgica per la riduzione della frattura è andata bene, ora ascolti gli anestesist­i». Un anestesist­a riferisce di valori sfalsati, dell’impegno e del contributo fornito da altri specialist­i e del trasferime­nto di Zaray in terapia intensiva. Intanto, sempre nel reparto di terapia intensiva, viene somministr­ato altro dantrolene (50 milligramm­i). L’orologio segna le 13. In totale, ma questo dovrà accertarlo l’inchiesta della Procura, sembrerebb­e che il dantrolene somministr­ato sia stato 70 milligramm­i in due diversi momenti. Ma sarebbe strano, perché questo medicinale si somministr­a in base al peso corporeo e Zaray pesa 55 chili. Per lei sarebbero serviti almeno 140 milligramm­i. Fatto sta che la situazione precipita. E alle 13.30 l’ortopedico parla al padre per la prima volta di ipertermia maligna. Coratella si piazza davanti al reparto di terapia intensiva e chiede notizie a chiunque. Gli rispondono: «Sono tutti impegnati sul caso». Ma l’impegno di tutti non basta. Alle 15.15 dalla terapia intensiva lo informano: «Dalle 15 Zaray è in arresto cardiaco, stiamo provando a rianimarla e continuere­mo a farlo, ma ci sono pochissime speranze». Quindici minuti ancora: alle 15.30 Zaray muore. La ricostruzi­one di quella giornata non chiarisce i fatti, semmai pone altre domande: due in particolar­e. Gli anestesist­i si sono accorti tardi che si trattava di ipertermia maligna? Il farmaco è stato somministr­ato nella dose giusta?

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Il selfie Zaray con il padre Massimo Coratella

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