Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Oliviero Toscani «La mia vita tra le foto»

Oliviero Toscani parla di sé e della mostra che il 20 gennaio lo porterà in Puglia

- di Paola Moscardino

«Cosa me ne faccio di un piccolo successo? - dice Oliviero Toscani dall’altra parte del telefono -. Meglio un grande fallimento, no? Le cose piccole sono mediocri; nella grandezza invece c’è sempre qualcosa di epico. Per questo scelgo i fallimenti, grandi e magnifici. Non sai mai cosa ti porteranno a scoprire, né cosa proverai a vivere». Ha provato a metterli uno dietro l’altro i fallimenti della vita. Prima in un libro, poi in una mostra. Un resoconto di errori: «Non solo i miei – dice ma quelli della storia in generale». Una specie di elogio dell’inceppo, del movimento sghembo. L’apologia dello strappo, della caduta, dalla quale ci si rialza per ricomincia­re, e senza la quale forse non sapremmo mai chi siamo davvero. Nasce così «Più di cinquant’anni di magnifici fallimenti», la mostra che celebra la carriera di Oliviero Toscani: al Castello di Otranto, a partire da sabato 20 gennaio. L’inaugurazi­one è fissata per le 18.30, e ci sarà anche lui, il maestro della fotografia le cui immagini hanno fatto discutere il mondo.

Arriva sempre un momento in cui si sente il bisogno di fare un bilancio. Toscani, 76 anni a febbraio, lo fa a modo suo: «A che punto sono della mia vita? Io non ho punti. Sono immortale, finché vivrò». È tutta una magnificen­za. Toscani è epico anche quando parla di se stesso; epicità intesa come tutto ciò che viene sottratto alla disattenzi­one, alla banalità. Come si poteva essere disattenti di fronte a quelle foto? Il razzismo, la pena di morte, la guerra, l’Aids. Immagini che ognuno di noi ricorda, anche oggi che sono passati venti, trent’anni. Fotografie che fanno parte del nostro repertorio visivo/esistenzia­le. Forse nessuno ha lasciato un segno quanto lui.

Più di cento le foto di questa esposizion­e curata da Nicolas Ballario, coordinata da Lorenzo Madaro, e prodotta da Theutra con la collaboraz­ione del Comune di Otranto. Ci sono tutte le fotografie dei decenni di Benetton: il celebre bacio tra prete e suora del 1991; i tre cuori White/Black/Yellow del 1996; No-Anorexia del 2007. E poi i lavori realizzati per il mondo della moda (anche lì ha portato sconquasso): i ritratti di Monica Bellucci, Mick Jagger, Lou Reed, Federico Fellini, i protagonis­ti della cultura dagli anni Settanta in poi. In questa galleria c’è anche Carmelo Bene. Ma è il fortunato sodalizio con Benetton che meglio lo racconta. Fabrica, cui Toscani dette vita insieme alla famiglia di imprendito­ri nel 1994, è stata una fucina creativa. È stata anche il luogo della libertà: Toscani,

La provocazio­ne Non so cosa sia. Io faccio quello che so fare. L’integrazio­ne è il tema che mi sta più a cuore; e l’Italia non è un paese civile Le foto Se la gente le ricorda ancora, vuol dire che hanno stimolato qualcosa, aveva un senso farle

con i fratelli Benetton, ha potuto esprimere il suo genio senza condiziona­menti. È raro, se ci fate caso. È difficile che un marchio non si lasci condiziona­re dal mercato, dalle regole non scritte, dal pensiero dominante. Toscani e Benetton invece hanno usato la fotografia e la pubblicità per fare politica. Perché quella era politica. Era la foto giusta al momento giusto.

Ma la provocazio­ne ha una definizion­e? Toscani ci pensa, poi dice: «Faccio quello che so fare. La provocazio­ne non so cosa sia. È amore, pace, bellezza, discussion­e. Mi piace provocare interesse. Credo di aver fatto questo durante la vita. È come quando vado al cinema. Se un film mi fa pensare, discutere, magari cambiare anche idea, allora in qualche modo è provocator­io. La stessa cosa con le foto. Se la gente le ricorda ancora, vuol dire che hanno stimolato qualcosa. E se ancora oggi sono moderne, vuol dire che aveva un senso farle».

Dopo cinquant’anni di carriera, ha ancora voglia di provocare? «L’integrazio­ne è il tema che m’interessa di più e in assoluto. Questo non è ancora un Paese civile. Ci vorrà ancora qualche generazion­e». Quella dei suoi nipoti, probabilme­nte. Toscani non ha evitato eccessi neanche nella vita privata: tre mogli, sei figli, quattordic­i nipoti, «una strafamigl­ia con passaporti di tutte le nazionalit­à, e io il capo di tutti i capi», dice. Avrà corteggiat­o parecchio… «Sì, ma non ho mai importunat­o una donna. Le dirò di più: le grandi donne, quelle che sanno come comportars­i e come vestirsi, non attirano violenza, ma un senso di rispetto. È sempre una questione di eleganza. È il mondo probabilme­nte che è sceso di stile».

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