Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Perché la malavita ammazza ancora nel cuore della città
I carabinieri stanno indagando in tutte le direzioni per scovare il killer di Fabiano Andolfi, il pregiudicato 33enne ucciso domenica sera in casa dei nonni al quartiere Carrassi. È lì che stava finendo di scontare, in regime di domiciliari, una condanna di otto anni per rapina. Gli investigatori stanno passando al setaccio la sue frequentazioni e soprattutto gli anni che l’uomo ha trascorso in carcere. È in quell’ambito che potrebbe essere maturato il progetto di eliminarlo. Si tratta al momento solo di un’ipotesi.
Le sue frequentazioni «importanti» con affiliati al clan della zona e i quasi otto anni trascorsi in carcere. Sono alcuni degli ambiti investigativi in cui si muovono i carabinieri del Nucleo investigativo di Bari per identificare il killer del 33enne Fabiano Andolfi, assassinato domenica sera intorno all’ora di cena in via Maggiore Francesco Barracca, al quartiere Carrassi di Bari. Il killer è entrato in casa (non è chiaro se qualcuno gli ha aperto la porta o se il sicario sia riuscito a farlo con un calcio), un’ abitazione di circa 25 metri quadri, e ha sparato tre colpi di pistola calibro 9x21 contro Andolfi che era affacciato al soppalco del minuscolo appartamento. Un colpo, quello mortale, lo ha raggiunto ad un fianco.
All’omicidio hanno assistito terrorizzati i nonni. Un’ambulanza del 118 è arrivata poco dopo, ma i tentativi di rianimarlo sono stati vani. È possibile che il sicario avesse un complice fuori ad attenderlo: una circostanza che non è stata confermata ufficialmente, ma la risposta potrebbe arrivare dall’esame delle immagini delle telecamere di video sorveglianza installate nel territorio di Carrassi.
Nella notte i carabinieri hanno ascoltato i parenti della vittima, alcuni pregiudicati di Carrassi ed eseguito controlli: prosegue incessante la caccia al killer. «Sono certo che le forze dell’ordine faranno presto chiarezza su questo spietato omicidio» ha commentato il sindaco Decaro.
Andolfi era stato scarcerato lo scorso mese di ottobre e stava finendo di scontare ai domiciliari una condanna di otto anni (la procura aveva chiesto dieci anni) per rapina pluriaggravata, detenzione e porto d’arma clandestina e resistenza a pubblico ufficiale. Una sentenza emessa nel novembre del 2011: un mese prima il 33enne insieme ad un complice di 20 anni aveva compiuto quattro rapine tra Bari, Triggiano e Bitonto.
Sul movente dell’omicidio, i carabinieri stanno considerando tutte le piste investigative prendendo in esame anche la vita privata di Andolfi e le sue frequentazioni. Ma l’omicidio sembrerebbe maturato in ambienti criminali. Negli otto anni trascorsi nel carcere di Bari, il 33enne potrebbe essersi fatto dei nemici e la sua condanna a morte potrebbe essere stata decisa quando era ancora dietro le sbarre. Pur non risultando affiliato a nessun clan la vittima avrebbe frequentato pregiudicati di grosso calibro. La zona di Carrassi e i traffici illeciti vengono controllati dal clan Diomede e Andolfi potrebbe aver commesso un’imprudenza nei confronti di qualcuno. Al punto da decidere di ammazzarlo in casa davanti alla famiglia. Un omicidio, premeditato e violento che riporta alla mente quello avvenuto nel 2014 ad Altamura quando un sorvegliato speciale di 29 anni, fu ucciso in casa davanti al figlio di due anni e alla moglie che era al quinto mese di gravidanza. Il sicario con il volto coperto da un passamontagna bussò alla porta e il bambino inconsapevole aprì la porta di casa lasciando entrare l’uomo che sparò al padre senza pietà. Così come è accaduto domenica sera al quartiere Carrassi dove Andolfi è stato giustiziato in casa dei suoi nonni: era stato proprio lui a decidere di scontare lì i domiciliari.
Vittima Il 33enne Andolfi era uscito dal carcere a ottobre per finire la pena ai domiciliari