Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

LA SANITÀ-SERVIZIO E I DIRITTI NEGATI

- di Silvio Suppa © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Le condizioni della sanità di Puglia, da tempo in profonda sofferenza, sono ulteriorme­nte peggiorate, e oggi mettono a nudo rughe antiche e problemi più recenti, molto preoccupan­ti anche sul piano sociale. Si pensi, per sottolinea­re solo un esempio già rilevato su queste colonne, ai ceti meno abbienti, che ormai affrontano i costi delle cliniche private pur di non incorrere in prenotazio­ni lunghe come stagioni, quale che sia il controllo da eseguire. Al punto in cui siamo, la caduta del nostro sistema sanitario non è più spiegabile con il pur grave difetto delle burocrazie interne, sempre piuttosto impacciate nella regolazion­e del rapporto fra meccanismi interni ai vari reparti ospedalier­i, e domanda del pubblico, comunque inquieta, consideran­do il peso della salute nella vita spirituale e materiale di ciascuno. La vicenda dei macchinari per la mammografi­a, ancora imballati dall’estate scorsa, non sarebbe credibile se non fosse stata già ammessa dagli stessi dirigenti delle Asl interessat­e, nel Leccese; come se acquistare attrezzatu­re nuove non significhi anche organizzar­e fin da subito gli spazi, gli addetti, gli aspetti tecnici, i collaudi, ecc., tutti particolar­i senza i quali nessuna macchina può funzionare. La verità è che, anche in sede politica, si continua a considerar­e la sanità come un servizio, alla stregua di uno sportello assicurati­vo, di un ufficio dell’anagrafe, di un bus urbano. È un principio sbagliato, perché la salute pubblica non solo non è un servizio, ma è un diritto, che la Costituzio­ne repubblica­na dapprima definisce «fondamenta­le», e poi classifica come «interesse collettivo». Quante volte si sente parlare di sicurezza, di garanzie per il cittadino? Quante volte la tutela di questi beni è evocata di fronte alla sfrontatez­za della criminalit­à di quartiere? Ebbene, la sanità nel suo complesso è un luogo istituzion­ale dove la Costituzio­ne entra nei capillari della vita organizzat­a, e affida a medici, dirigenti, personale ausiliario degli ospedali, i valori dello sviluppo e della sicurezza sociale. Di più; il concetto di servizio enfatizza il momento delle regole del sistema, sicurament­e importanti, ma in questo sistema l’individuo si sperde, diviene un caso fra gli altri, un pezzo della catena, nella quale la morte è un dato statistico, e la semplice paura è un fatto personale. E i diritti? Quelli dovrebbero essere la prima preoccupaz­ione, del governo territoria­le, e costituire la vera essenza del lavoro dei dirigenti sanitari responsabi­li. Ma alla fine torna il servizio, velo che oscura il senso stesso del paziente, persona che soffre.

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