Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
LE TRE SINISTRE ALLA PUGLIESE
Divisa, smarrita, incattivita. La sinistra si presenta al voto di marzo in ordine sparso. È il «male oscuro» da cui non riesce a guarire, tarda eredità del Novecento. La situazione ricorda la fase post-Tangentopoli, analizzata da Luciano Cafagna (La grande
slavina) quando la sinistra comunista sperava di ereditare le «rovine» socialiste e invece fu investita dallo tsunami che aprì la strada all’egemonia berlusconiana. La sinistra spaccata in due blocchi (il Pd e Liberi e Uguali) rischia di occupare il ruolo del «vaso di coccio» tra i «vasi di ferro», il centrodestra e il M5S. Il Pd di Renzi è chiamato ad «inventarsi» una nuova politica con più collegialità e discontinuità rispetto al passato. Lo sfondamento a destra, con il clamoroso 41% delle Europee, è ormai un lontano ricordo. E poi c’è stata la scissione a sinistra che ha alimentato una sorta di «sindrome di accerchiamento». Il cambiamento, pur segnalato da Pil, produzione industriale, occupazione (ma su questo aspetto occorre «interpretare» i numeri) non sembra essere «percepito» dall’opinione pubblica. E Renzi non appare più un valore aggiunto. Anzi.
Il partito di Grasso rappresenta l’ennesimo tentativo di creare un polo d’attrazione alternativo al partito egemone del centrosinistra. Una sinistra «rosso antico», di stampo identitario, che punta a recuperare dal M5S elettori del vecchio serbatoio tradizionale (insegnanti, operai, impiegati). Delusi, spaventati o colpiti dalle riforme renziane. Una sinistra che rivendica la propria storia. Ma le radici, come dice lo psicanalista Massimo Recalcati, se non arricchite, se non innervate da nuova linfa, rischiano di essere solo il triste ricordo di un lontano passato. In questo contesto la Puglia è un laboratorio ricco di incognite per Decaro, Emiliano e D’Alema. Il sindaco di Bari e presidente dell’Anci è chiamato a difendere la postazione renziana in Puglia. Non può trincerarsi nel Palazzo di Città e deve metterci la faccia. Per il presidente della Regione il rischio è doppio. Ha messo la Puglia in rotta di collisione con gli ultimi governi a guida Pd (trivelle, referendum costituzionale, buona scuola,Tap, Ilva). Deve garantire l’elezione dei suoi fedelissimi ed evitare che gli venga attribuita una eventuale debacle del Pd. Poi c’è il «lider maximo», D’Alema. Renzi lo addita come il vero leader di «Liberi e Uguali». E, forse, l’«investitura» non gli dispiace. La Puglia dovrebbe essere un punto di forza di LeU. Ma anche il cammino di D’Alema non sarà una passeggiata sullo splendido lungomare di Gallipoli.