Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Caso ipertermia Il padre di Zaray sentito in Procura
L’esito della commissione interna ancora non consegnato al pm
Massimo Coratella, padre adottivo di Zaray, la dodicenne operata per una frattura al femore lo scorso 19 settembre e morta al Giovanni XXIII di Bari subito dopo l’intervento a causa dell’ipertermia maligna, è stato sentito ieri in Procura in qualità di persona informata sui fatti. Sul caso c’è un’inchiesta condotta dal magistrato Bruna Manganelli.
È stato ascoltato in Procura per oltre un’ora Massimo Coratella, padre adottivo di Zaray, la dodicenne operata per una frattura al femore lo scorso 19 settembre e morta al Giovanni XXIII di Bari subito dopo l’intervento a causa dell’ipertermia maligna.
Sul caso c’è un’inchiesta condotta dal magistrato Bruna Manganelli che ieri pomeriggio ha raccolto le dichiarazioni di Coratella ascoltato in qualità di persona informata sui fatti. In Procura, intanto, non sono ancora arrivati gli esiti del lavoro – ormai terminato da tempo - della commissione dell’azienda ospedaliera. Il presidente della Regione, Michele Emiliano (che è anche assessore alla Sanità), ha deciso di non rendere pubbliche le conclusioni della commissione e ne ha disposto la consegna alla magistratura. Ma, come fa sapere il direttore del dipartimento Salute della Regione, Giancarlo Ruscitti, questa consegna ancora non è stata effettuata.
In quelle carte potrebbero esserci alcuni elementi utili per ricostruire i fatti di quel giorno. Sono diversi gli aspetti che l’inchiesta della magistratura dovrà chiarire. Intanto, si tratterà di ripercorrere quella giornata iniziata alle 9 del mattino con la valutazione anestesiologica e terminata alle 15.30 con il decesso della piccola Zaray nel reparto di terapia intensiva del Giovanni XXIII.
Nel corso del colloquio con il magistrato, Coratella ha certamente ripercorso quel 19 settembre e fornito al magistrato elementi che potrebbero rivelarsi utili alle indagini.
Uno dei nodi che restano da chiarire riguarda il dantrolene, farmaco che si utilizza nei casi di ipertermia maligna (che è una reazione improvvisa al gas anestetico). Intanto, era disponibile così come prevedono le linee guida? È stato somministrato nelle quantità corrette e nei tempi necessari? Quando, nel corso di quella mattina, ci si è resi conto che si trattava di ipertermia maligna e chi ha fatto la diagnosi?
Dalla cartella clinica, sequestrata dalla magistratura, risulterebbe che il dantrolene sarebbe stato somministrato a Zaray nel reparto di terapia intensiva e quindi dopo l’intervento chirurgico. Eppure la ragazza venne portata in sala operatoria intorno alle 9.15, i primi problemi emersero tra le 10.30 e le 11.20, quando la temperatura della ragazzina salì fino a 38 gradi. E in particolare intorno alle 10.30, sempre durante l’intervento, si rilevò un aumento della frequenza cardiaca e lo sfasamento di un altro valore legato all’anidride carbonica. Alle 11 l’intervento finì.
Intorno alle 11.20 la febbre salì fino a 42 gradi (ma la temperatura arrivò fino a 43.5) e Zaray venne trasferita in terapia intensiva.
Qui le sarebbe stato somministrato il dantrolene e si raffreddò il corpo anche con mezzi fisici come il ghiaccio. Altro dantrolene le sarebbe stato somministrato alle 13. Interventi che però non sono bastati a evitare la morte della ragazzina.
Una morte tragica che ha provocato polemiche anche per una sorta di muro di gomma che ha impedito alla famiglia di avere informazioni. «Mia figlia Zaray è morta cento giorni fa e io non ho capito perché, ma soprattutto non ho capito se poteva essere salvata», disse al Corriere del
Mezzogiorno il padre della ragazzina.
E fino ad ora non sono bastate tre interrogazioni parlamentari, un’interrogazione in consiglio regionale, una commissione dell’ospedale (nominata forse con ritardo e il cui rapporto è segreto), una richiesta di accesso agli atti per dare una risposta ai dubbi di questa famiglia.
Il ministero Sul caso anche tre interrogazioni parlamentari rivolte al ministero