Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

SE IL LAVORO È SOLO PROFITTO

- di Silvio Suppa

Afare i conti, le morti sul lavoro su scala nazionale sono ormai da guerra civile; e l’anno appena iniziato fa pensare a numeri non migliori del 2017. Dal Siderurgic­o di Taranto, ad altre fabbriche del Nord, ai casi di manutenzio­ne degli impianti, e fino alle aziende familiari, gli incidenti sul lavoro segnano un crescendo inquietant­e. Può dipendere da fatale distrazion­e? Forse in parte, in piccola parte. Quando si scende in cisterna senza respirator­e e senza costanti controlli dall’esterno, quando si lavora nei servizi di una ferriera, fra ponteggi pericolosi e temperatur­e inimmagina­bili, l’ambiente stesso moltiplica i rischi, per non parlare degli operai a contatto con materiali tossici. Fra simili pericoli, l’incidente grave è un attimo, per un pezzo di ferro malamente assicurato, presso una macchina rotante che mangia chi le si accosti, accanto a una valvola bollente e difettosa. Il lavoro è un diritto; in Italia è addirittur­a un principio costituzio­nale, parte fondamenta­le del nostro ordinament­o pubblico. E invece è diventato confine fra esserci e non esserci; in fabbrica, sui ponteggi dell’edilizia, davanti alla potenza termica di una fonderia, ogni giorno si svolge uno scambio comunque ineguale, fra il salario, anche se giusto, e la perdita della vita. E questo fenomeno abbraccia in un medesimo scenario il Nord come il Sud del Paese, quasi a creare la celebrazio­ne più crudele dell’unità repubblica­na. Come si spiega un tale ritmo di vittime sul lavoro? Il problema risale alla fine dell’Ottocento, con la Germania di Bismarck che per prima pose misure istituzion­ali contro malattie e infortuni, e di là nacque l’attuale welfare-state. Ma oggi i rimedi non bastano; occorre molto di più, occorre ripartire dal valore sociale del lavoro, interpreta­to solo in chiave economica, nell’eterna dialettica costi/ricavi. Il lavoro è un’altra cosa, perché oltre il danaro che esso domanda e produce, vi sono mille passi intermedi, poco visibili per un occhio inesperto, a cominciare dagli istituti di controllo preventivo; vi è poi la qualità delle leggi, o l’adeguatezz­a delle protezioni, o dei presidi medici nei luoghi di produzione. E quando si apre l’inchiesta giudiziari­a, il peggio è già accaduto. In aggiunta, al sud esiste la piaga del caporalato, delle giornate di “fatica” con le raccoglitr­ici morte esauste. Occorre un aggiorname­nto culturale sul lavoro, che ancora vede troppi giovani esclusi, e l’assenza di un sistema di regole di tutela fuori dai criteri del profitto; saprà l’attuale stagione elettorale tenere un confronto sul tema? O avremo solo inutile propaganda?

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy