Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Quei 59 morti dimenticati Nessuno li vuole seppellire
La chiesa di Lecce seppellirà due rumeni e una nigeriana
L’arcivescovo Seccia È bene che le confraternite si prendano cura degli ultimi
Riposeranno nel cimitero di Lecce le tre salme che da due anni giacciono nell’obitorio dell’ospedale «Vito Fazzi» e che nessun parente, amico, conoscente ha finora reclamato. Per espressa volontà dell’arcivescovo Michele Seccia, i corpi di due rumeni - un uomo e una donna di 39 e 34 anni - e di una ragazza nigeriana ventiseienne, avranno degna e gratuita sepoltura nella cappella del Santissimo Sacramento, appartenente all’omonima confraternita. Era stato il cappellano dell’ospedale di Lecce, don Gianni Mattia, a segnalare il caso su Facebook.
Nell’obitorio del «Fazzi» vi è anche un’altra salma da circa un anno, quella di una donna italiana rinvenuta sul litorale barese. Ma i corpi ancora senza nome, in Puglia, sono 59, «in gran parte custoditi nelle camere mortuarie», come spiega Antonio Genchi, presidente pugliese della onlus Penelope, l’associazione nazionale delle famiglie e degli amici delle persone scomparse. La Puglia è una delle regioni italiane con il maggior numero di salme non identificate. In tutto il Paese ce ne sono 2539, secondo la XVII Relazione semestrale del Commissario di Governo per le persone scomparse, aggiornata al 30 giugno scorso. Il record più drammatico lo detiene la Sicilia con 1707 senintuire nome. Seguono Lazio (220), Lombardia (116), Campania (77), Calabria (63).
Dei 59 senza identità che si trovano in Puglia, 32 sono stati recuperati in mare, uno in un fiume, 26 in altri luoghi. In totale, i corpi recuperati nei mari italiani sono 1805, la gran parte in Sicilia, dove il fenomeno migratorio è di gran lunga più massiccio a causa degli sbarchi. Ma riguardo quest’ultimo dato, nella Relazione del Commissario di Governo, c’è una postilla che fa come i morti effettivi possano essere molti di più. Il numero di 1670 migranti raccolti in mare senza vita in Sicilia è solo «indicativo per difetto» a causa dei naufragi.
L’arcivescovo Michele Seccia spiega: «Ieri mattina (l’altro ieri per chi legge, ndr), appena il caso delle salme nel Fazzi mi è stato segnalato, ho pensato che qualche confraternita avrebbe potuto farsi carico della necessità di trovare una degna sistemazione a quei corpi. Davanti a situazioza ni di povertà, di solitudine, di gente che muore e che nessuno cura, è bene che le confraternite attuino le loro finalità che, come dice il Papa, sono quelle dell’assistenza agli ultimi». Antonio Genchi insiste sull’importanza della comparazione dei profili genetici dei deceduti con quelli dei parenti delle persone scomparse: «Abbiamo lottato e alla fine siamo riusciti nel nostro intento. Le autorità avevano iniziato ad inserire in banca dati i profili genetici delle persone arrestate, ma la legge prevede che il prelievo del campione biologico finalizzato all’estrazione del profilo genetico sia esteso anche ai famigliari delle persone scomparse. Molti famigliari si sono rivolti alla nostra associazione – rimarca Antonio Genchi - e noi abbiamo proposto che venissero sottoposti al prelievo volontario del campione biologico. Nel Lazio, in poche settimane, è stato possibile dare un nome a diversi corpi».
La Asl di Lecce, dal canto suo, precisa che «non ci sono salme dimenticate nella camera mortuaria dell’ospedale Vito Fazzi». Ma che semmai «è più corretto parlare di soggetti deceduti in circostanze diverse e custoditi presso l’obitorio del presidio ospedaliero». La direzione medica ospedaliera puntualizza che il seppellimento «è subordinato anzitutto al nullaosta della medesima autorità inquirente». Ma a quanto pare, per la tumulazione dei tre corpi si attendono anche i via libera dei consolati. Dunque, solo quando la burocrazia avrà fatto il suo corso le salme potranno attraversare la soglia del cimitero e riposare in pace.